5 Maggio 1965: al tramonto Salvo, quattordici anni, rientra dalla sua corsa giornaliera nei campi intorno ad un piccolo paesino del sud. Ha sofferto per la neonata sorellina morta fra le braccia della balia. Per superare il trauma e per rivalsa alla povertà vuole emulare Abebe Bikila. Rinuncia ai giochi con i coetanei e si allena. Le difficoltà a scuola, le difficoltà economiche non lo fermano come pure le vecchie e nuove gerarchie sociali. Persevera negli allenamenti seguito da un modesto e poco istruito ex atleta e successivamente dal suo professore di ginnastica. Dal balcone della sua casa padronale lo vede con fastidio don Vincenzo potente boss che spadroneggia in paese e dintorni, e che intravede in quel ragazzino la stessa forte e fastidiosa voglia di giustizia del padre, suo massaro. In una società arretrata, vessata dalle prevaricazioni di don Vincenzo, che ha messo gli occhi sulla sua giovane madre, fra ipocrisie, maldicenze, pettegolezzi di un piccolo paese fanno da sfondo le ferite ancora evidenti della guerra e dell’otto settembre. Alla sincera solidarietà delle famiglie meno abbienti fanno da contraltare le commistioni fra i notabili del luogo. Le vicende del conflitto, la conseguente povertà, il malaffare dei contrabbandieri si riflettono sulle morti violente del romanzo, sulla vendetta cercata dalla famiglia del boss, sulla volontà di far valere la giustizia del piccolo uomo che si getterà in una maratona di due giorni perché gli ideali di rinascita e riscatto sociale del suo territorio possano prevalere. La fuga da casa, la notte trascorsa all’addiaccio in una casa diroccata, l’addio all’amico che, in gioventù già amico del padre, era stato l’unico aiuto per la sua famiglia. Poi la corsa immersa nella natura, la sorpresa di piante, animali e di piccoli paesi sparsi come in un presepe e infine la luce di un giorno, forse diverso.
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