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Un libro composto di versi,brevi prose e fotografie. Foto in bianco e nero:vecchi ritratti di familiari,cornici vuote,abitazioni diroccate,scale di legno,vasche da bagno.Immagini allusive e inquietanti,come quelle che riproducono le forbicine da unghie su un lenzuolo,o l'ago infilzato in una pence. L'idea del taglio,della cesura fredda,del troncamento reciso,quindi della separazione netta e crudele,ripercorre costante tutta la raccolta.Quasi uno strumento di autocontrollo,di vivisezione e analitica severità:"Servono aghi e forbici.Serve precisione." E a questo bisogno(o timore)di disciplinata spietatezza fa da contraltare un'atmosfera pervasiva di vapori sospesi,di sogni fluttuanti,di nuvole e soffi d'aria.Il fenomeno meteorologico più descritto è infatti il vento,il colore più diffuso il bianco (negli esterni e negli interni impersonali:bagni,cucine,tavoli: "Impara la solitudine tra le mattonelle del bagno./Il silenzio è uno smalto"). Appunto il silenzio,proprio come impossibilità di comunicare,minaccia di morte,sacrificio,aleggia imperturbato ma anche salvifico tra questi versi.E fa paura,spaventa,allontana da tutte le presenze avvertite cone pericolo: "Siamo motali,mortalmente spaventati/tremiamo come volpi e cani". Il lettore scopre continui rimandi di senso,richiami di parvenze appartenenti alla memoria,a un passato ingombrante e ancora incombente,a incubi ricorrenti di morte,violenza e vendette. Ma è come se l'autrice pretendesse dalla sua scrittura una riscoperta di significato a cui aggrapparsi,a cui chiedere una verità definitiva. Allora torna al paesaggio e alla lingua di una sua Sardegna ancestrale,torna a ricordi mai archiviati di un'infanzia turbata,nell'accettazione di un'eredità di sentimenti ricattanti,da cui si vorrebbe liberare e in cui tuttavia riconoscersi. Alla poesia quindi demanda il dovere di aiutare la vita a sopportarsi,a consolarsi,a illuminarsi: "Benvenute luci./Scrostate piano la notte./Costruite il mattino. Ecco acqua distenditi".
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