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Salmace - Mario Soldati - copertina
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Salmace - Mario Soldati - copertina
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Descrizione


Nel 1929 si ebbero in Italia due esordi narrativi clamorosi e pubblicati entrambi in modeste tirature: quello di Moravia con Gli indifferenti e quello di Soldati con Salmace. Ben diversa la loro sorte: il primo subito celebre e ormai classico, il secondo soltanto oggi riscoperto. Ma qualcosa i due libri avevano in comune: erano una prima esplorazione narrativa, del tutto nuova per lItalia, della vasta terra dei sentimenti loschi. Una sera di carnevale un ragazzo diverso dagli altri si ferma davanti a una giostra piena di donne in festa. Il ragazzo viene visitato da unidea: «essere una di quelle, abbandonare i miei vestiti di uomo come si lasciano, dietro le quinte, i costumi di una recita a cui si abbia partecipato, e uscirsene nuovi nel mondo». Con tutta naturalezza, la metamorfosi si compie e il mito di Ermafrodito si rinnova. Un giorno il ragazzo si tocca con gioia e stupore due seni, così come un altro giovanotto di nome Gregor Samsa, quindici anni prima, si era svegliato accorgendosi con raccapriccio di essere diventato un insetto.
Questa metamorfosi, capace di leggere nella sindrome tenebrosa e innocente di un transessuale, è il nucleo centrale e simbolico intorno al quale ruotano i racconti riuniti sotto il titolo mitologico di Salmace: un sestetto di storie gotiche di aura magica e tetra, ambientate nel cuore topografico del Novecento più spettrale, in una Torino nebbiosa e vetusta, ottocentesca ma già metafisica, trattata come una realtà di provincia infestata da un demonio sempre presente e sempre invisibile.
A questa nuova edizione di Salmace (la prima dopo il 1929) è stato aggiunto, per desiderio di Soldati, un racconto degli stessi anni e di clima affine, Il concerto.
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Dettagli

1993
29 settembre 1993
152 p.
9788845910036

Voce della critica


scheda di Roat, F., L'Indice 1994, n. 1

Pubblicata nel 1929 (e recentemente riproposta con l'aggiunta del breve pezzo "Il concerto", dello stesso periodo) la raccolta di racconti "Salmace", che segna l'esordio editoriale di Soldati, si presenta come una serie di variazioni novellistiche su un tema unificatore, quello della necessità irrinunciabile, per chi ambisca a vivere autenticamente, di pervenire all'accettazione e al rispetto della propria istintualità, quand'anche essa si declini all'insegna della devianza e della trasgressione. E diversi e anticonformisti sono tutti i protagonisti delle sette storie del libro; a incominciare da quella esemplare di "Salmace", in cui Soldati rivisita il racconto mitologico di Ermafrodito, narrandoci la metamorfosi di un ragazzo che un bel mattino, come il Samsa kafkiano, si risveglia trasmutato non già surrealisticamente in insetto ma nella donna che da sempre agognava di essere. Metamorfosi simbolica, allusiva del mutamento psicologico a cui pervengono i personaggi chiave dei racconti; che, consci della meschinità del perbenismo piccolo-borghese, accettano di vivere il doloroso scandalo di un'anomala condizione esistenziale.
Certo, viste dalla prospettiva odierna, talune scelte di libertà messe in atto dai personaggi di "Salmace" (non reprimere le proprie tendenze omosessuali; scegliere di prostituirsi in alternativa a un lavoro alienante; considerare l'adulterio subito uno stimolo buono a rinfocolare uno spento ménage), appaiono meno ardimentose e quasi patetiche. Ma il tratto più moderno della prima prova di Soldati - al li là dell'implicita desunta dell'ipocrisia di un'Italietta provinciale e codina, e della sensibilità profetica rispetto a problematiche ancora così attuali, come quella della transessualità - sta forse nella dimensione di ambigua irrisolutezza in cui i protagonisti dei racconti si muovono nel loro anelito affannoso alla spontaneità, che però mai diviene istanza emancipatrice, risolvendosi in una calata nei torbidi abissi del proprio inconscio, a cui non fa seguito alcuna radicale trasformazione. Un'ambiguità che li spinge, piuttosto che a operare vere scelte di rottura, a compiacersi di certi atteggiamenti involutivi e reattivi, quali il bisogno voluttuoso di profanazione, degrado e umiliazione, a cui essi finiscono per soggiacere, preludio a un indifferente, irrisolto e alquanto masochistico lasciarsi vivere. Una vocazione alla crisi permanente, così novecentesca, che tuttavia viene narrata mediante una prosa serenamente cristallina e ariosa; come se il ventenne Soldati avesse voluto stemperare le provocazioni e smorzare gli eccessi trasgressivi dei suoi personaggi con la sordina di una scrittura sobria, sempre controllata, e alla fin fine rassicurante.

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Conosci l'autore

Mario Soldati

1906, Torino

Scrittore e regista italiano, Mario Soldati, dopo avere insegnato negli Stati Uniti, torna in Italia nel 1931 e intraprende la carriera di scrittore e di sceneggiatore (collabora alla stesura delle commedie La tavola dei poveri, 1932, di A. Blasetti e Il signor Max, 1937, di M. Camerini). Dopo alcune coregie, debutta da solo dietro la mdp con Dora Nelson (1939), sofisticato esempio di cinema dei «telefoni bianchi». Il suo cinema è ricco dal punto di vista figurativo e si distingue da buona parte delle produzioni italiane del periodo per la ferma attenzione che il regista pone al paesaggio, da lui visto non come parte ma come sostanza del racconto: in questo senso due opere come Piccolo mondo antico (1941) e Malombra (1942) rappresentano le vette di quel cinema poetico e...

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