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I salici sono piante acquatiche
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2002
1 marzo 2002
144 p.
9788881762705

Valutazioni e recensioni

3/5
Recensioni: 3/5
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paolo
Recensioni: 1/5

Sono il poeta Paolo Fedeli, ex studente di Luperini, in navigazione. Sto visitando i siti dei nostri "boss" accademici e condivido abbastanza l'excursus della colta "fortiniana" Passannanti, tutor in una univ. britannica (che speriamo non disastrata come le nostre). Credo che forse il libro è da leggersi per vedere la scissione di un uomo di cultura anche fra pubblico e privato. Il fatto che Luperini abbia messo alla ribalta il privato fa parte, in fin dei conti, del suo bagaglio ideologico, come appartenente all'ultrasinistra italiana. L'autocoscienza delle femministe, i discorsi sull'omosessualità latente, l'accoglimento "antidommatico" del diverso e delle diverse culture (Nietzsche e Marx che si davano la mano, per dirla col dr. Putti), sono altrettantre tematiche più o meno interessanti. Mettiamoci quindi all'ombra del salice. Buona lettura. Conoscendo la prosa di Luperini il valore del libro penso che sarà mediocre. Valore-e sono generoso-4.

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Erminia Passannanti
Recensioni: 5/5

In prima istanza, l’enigma del titolo botanico che fa riferimento, da una parte, alla caratteristica flessuosità dei rami del salice, orientati verso il basso, e dunque psicologicamente inclini – per usare un verso di Seamus Heaney – ‘agli appetiti di gravità’ e, dall’altra all’attributo ‘piangente’ che ne addita il carattere malinconico. In questa malinconia, si e' forse autorizzati a leggere il tramonto della funzione critica normativa, la nostalgia dei canoni a cui uniformarsi, che impongono ammissione o estraniazione. Questo carattere nostalgico si configura, inoltre, come una resistenza tutta intellettuale ad abbandonare il vecchio concetto di cultura intesa come scontro frontale tra statuti "belligeranti". Si tratta di un memoriale, un viaggio attraverso le varie età di un uomo con un ruolo fortemente pubblico che, d’un tratto, espone anche il suo inedito vissuto privato, mettendolo a disposizione di una serie praticamente imprevedibile di interpretazioni, legittimata dalla stessa intensità di queste belle pagine di prosa introspettiva. Ma il peso del contenuto di pensiero non è tematicamente ostentato, lasciando al lettore la scelta di una direzione di lettura più lieve, che solo tacitamente informa delle emergenze storiche del Paese, lasciate ad allestire il back-ground dell’intimismo che sostiene lo slancio narrativo. I blocchi cronologici riguardano essenzialmente tre stadi della vita adulta del protagonista, un alter-ego che Luperini usa ricorrendo alla terza persona distanziante con incursioni di memorie essenziali delle relazioni edipiche, rese problematiche in relazione al vissuto erotico-sentimentale e politico-ideologico. Nella composizione del testo, la sintassi temporale si fonda sulla definizione, attraverso tre fasi di vita - scandite dalle tensioni del ’68, dall’attualità di un Italia in preda agli episodi di violenza terroristica, dal caso Moro, dalla Guerra del Golfo, e, in ambito culturale, dal dibattito sul postmoderno e dalla docenza all’ Eaton Centre di Toronto -

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Voce della critica

Questo libro di Romano Luperini non sembra un libro di Romano Luperini, almeno non di quelli a cui sono abituati i lettori del Romano Luperini protagonista del dibattito politico-culturale e della ricerca letteraria dei nostri anni. Eppure I salici sono piante acquatiche è più che mai un libro di Romano Luperini: se tutta la sua ricerca intellettuale può considerarsi un appassionato e irrisolto corpo a corpo col Novecento, anche quest'opera - per quanto anomala - si inscrive nel cerchio ed entra a suo modo in dibattimento con i nodi più cruciali dei nostri anni.

Testimonianza, per certi versi, ma non autobiografia in senso stretto. Narrazione di ampio respiro, per altri versi, ma non romanzo nel senso pieno del termine. Quest'opera mette in campo la problematicità di una tipologia di scrittura in cui l'intellettuale prova a raccontarsi "dal di dentro".

Da Sant'Agostino alle pop star, quello delle "confessioni d'autore" è un fiume intasatissimo. Ma come scrivere di se stessi evitando imbarazzanti autocelebrazioni e "ritratti in alta uniforme"? La strada battuta da Luperini è drastica: esclude di brutto ogni riferimento al cursus honorum e butta alle ortiche la carriera accademica, recide ogni vincolo ideologico con la militanza politica, ma non elimina il percorso delle idee: il protagonista è infatti un uomo senza nome (ma presumibile alter ego dell'autore), che ha vissuto dall'interno nodi e passioni del secolo e si racconta senza infingimenti con piglio laterale e andamento frammentario, nella sua fragilità di persona che ha lottato, creduto, pensato, e anche molto sofferto. Il filo delle idee sembra quasi schermato dal fragore dei nervi e del sangue, ma i momenti decisivi del secolo, quelli con i quali le idee non possono cessare di collidere, sono tutti infilati in un sinuoso cammino narrativo (fatto di scandagli a rebours, progressioni incalzanti, tagli e frammentazioni...). Con questi momenti il filo delle idee (e del racconto) si mantiene in continua tensione. (Ed ecco, ad esempio, pescando quasi a caso, un'energica scudisciata contro l'imperversare, specie negli anni ottanta, del pensiero debole: "Tutti insieme - professori, poeti, rapsodi, ascoltatori - tutti insieme scoprivano la bellezza della debolezza, il piacere del decentramento, il fascino dello spaesamento. Contemplavano l'impossibilità della ragione e del progetto, la perdita e la deriva dei significati; ne parlavano come di una conquista a lungo desiderata. Il pensiero ridacchiava della propria impotenza").

Le pagine spaziano "disordinatamente" dalla società arcaica della campagna toscana sino al postmoderno iperglobalizzato delle grandi metropoli nordamericane, passando attraverso la Resistenza, la contestazione del Sessantotto, l'assassinio di Aldo Moro, la crisi delle ideologie, i nuovi scenari bellici che si aprono a fine secolo con la guerra del Golfo...

Ma questi tratti sembrano a volte semplici scenari, risonanze, soprassalti dell'io. È in gioco ben altro: il rapporto con il padre e con la madre, il legame con remotissime radici, la tensione - folta di contraddizioni - verso il mondo femminile, l'ansioso avvilimento nel sentirsi "intrappolato" in un corpo che si sfibra ogni giorno di più, la passione ideale frustrata ma non assoggettata. È solo da questa prospettiva "biologica" e non ideologizzabile che filtra il fiume carsico del percorso intellettuale.

Potremmo dirlo un libro rosso. Ma non perché vi si parla, inevitabilmente, insieme a mille altre cose, anche di comunismo ("Quando io morirò, può venire qualcuno di voi al funerale con una bandiera rossa? In essa (...) vi vedo un dispetto, un gesto di sgarbo contro la società presente, una non-rassegnazione, e anche un bisogno di solidarietà e di senso"), ma perché siamo di fronte a un'opera altamente sanguigna, "viscerale" fino ai limiti più estremi. Un'elegia a nervi scoperti, una ricognizione "sbilanciata", una minuzia (non minimalista) del Grande Racconto.

Le pagine più dense e commosse vanno però cercate nella parte centrale del libro, in quel Memoriale sul padre dove la tensione del racconto diventa scavo nel passato più lontano, la scrittura si fa meno frammentaria e monta compatta verso ruvide coloriture espressionistiche (che la pongono a diretto confronto con i migliori esiti di Tozzi). In queste pagine il racconto in terza persona lascia il posto a un io narrante che entra in scena direttamente, quasi con prepotenza. E dai ricordi dell'infanzia più remota emerge gradualmente la figura del padre: prima rappresentato senza alcuna remora verso le sue umane debolezze e infine problematicamente rivalutato nel contesto della sua militanza di partigiano.

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Conosci l'autore

Romano Luperini

noto studioso e critico letterario, è nato e vive in Toscana. Ha pubblicato presso Laterza saggi su Verga, Pirandello, Montale e sul tema dell'incontro nel romanzo europeo, ha insegnato in università italiane e straniere ed è autore di un manuale di storia e antologia della letteratura molto diffuso nei licei. Dirige due riviste di teoria e critica della letteratura, "Allegoria" e "Moderna", e il blog www.laletteraturaenoi.it. Come narratore, nel 2013 ha vinto il premio Volponi con il romanzo L'uso della vita. 1968 (Transeuropa). Nel 2016 ha pubblicato per Mondadori La rancura, candidato al premio Viareggio Rèpaci e vincitore del premio nazionale letterario Pisa per la narrativa.

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