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Le prime pagine del libro
Gli alberi sono esseri enigmatici.
Muta presenza nel verde, in estate ci offrono riparo dal sole cocente e in autunno palpitano fruscianti nel vento con il loro fogliame multicolore. Ognuno con le proprie caratteristiche, ci riempiono di felicità nei modi più diversi: con un ricco bottino di frutta fresca o secca, come pali per amache o altalene, o come elemento decorativo di spicco nel nostro giardino di casa. Sono gli esseri viventi più forti e resistenti del nostro pianeta, i più longevi, eppure di questi giganti sappiamo molto poco. A tratti intuiamo che dietro quella loro corteccia ruvida si cela qualcosa di più, segreti a prima vista inaccessibili.
Solo negli ultimi decenni, questi segreti sono stati in parte svelati. Infatti, negli anni Settanta del secolo scorso, i ricercatori hanno fatto una scoperta emozionante. Secondo alcuni studi condotti nelle savane africane, gli animali erbivori si comportavano in modo strano con il loro cibo preferito, cioè le foglie di acacia: ne sceglievano una e la rosicchiavano per alcuni minuti, ma non fino a saziarsene completamente perché, nell’acacia, il processo di masticazione induce la produzione di sostanze amare che sedimentano nel fogliame. Quando la gazzella o la giraffa ne avvertono il sapore, si allontanano di 50-100 metri prima di passare all’albero successivo. Perché proprio questa distanza? I ricercatori hanno scoperto che anche le acacie vicine accumulano le medesime sostanze, e nel giro di pochi minuti. Gli erbivori lo sanno e, istintivamente, continuano il loro pasto tenendosi a distanza di sicurezza. L’avvincente interrogativo è: come fanno le altre acacie a percepire la minaccia? La risposta è un gas, l’etilene, emesso dal primo esemplare che viene addentato. Questo allarme chimico allerta i vicini e determina in essi la corrispondente reazione.
Segnali analoghi sono stati riscontrati nel frattempo anche in molte altre specie arboree. Probabilmente la maggior parte delle piante ha un sistema di comunicazione chimica e noi siamo circondati da un mondo vegetale impegnato in una fitta e vivace conversazione. Fra questi segnali se ne annoverano perfino alcuni prodotti apposta per attirare i predatori di certi bruchi che infestano le piante. Poiché la ricerca è ancora all’inizio, si può ipotizzare che gli alberi posseggano un ricco vocabolario di odori.
Ora, il problema per la nostra società, caratterizzata dal razionalismo scientifico, è la necessità di ammettere che le piante abbiano altre capacità che non avremmo mai immaginato prima di questa scoperta. Sensazioni, per esempio. Quando un insetto si annida nella sua corteccia, l’albero deve necessariamente avvertire la presenza dell’intruso, deve provare dolore, altrimenti non potrebbe emettere le sostanze di difesa e avvertire i suoi simili nelle vicinanze.
Attribuire ai vegetali una sensibilità va sicuramente oltre la comprensione di molti di noi. Con gli animali, abbiamo meno problemi perché sono molto più simili agli esseri umani. Certo, alcuni di loro hanno più gambe, più occhi o un cervello più piccolo ma, grossomodo, la struttura è la stessa. Le piante, prive di un sistema nervoso centrale, risultano invece meno decifrabili, un po’ come se venissero da un pianeta lontano. A ciò si aggiunga la loro tenace sedentarietà, assolutamente estranea a noi umani sempre in movimento, che rende ancora più difficile capire queste creature con le quali condividiamo la Terra.
Tuttavia, la distinzione fra pianta e animale è puramente arbitraria. Le piante producono da sé il loro nutrimento mentre gli animali si cibano di altri esseri viventi. Ma a parte questo, fare una suddivisione fra creature comunicanti e capaci di provare sensazioni (animali) da un lato, e robot biologici che funzionano in automatico dall’altro, non ha più senso alla luce degli studi più recenti. Il fatto che, nonostante l’agricoltura e la silvicoltura, la nostra intera società consideri ancora le piante più come oggetti che come esseri viventi spiana ulteriormente la via a comportamenti irrispettosi nei loro confronti. Basandosi sull’attuale stato delle conoscenze, l’adozione di criteri di allevamento consoni alle caratteristiche delle singole specie dovrebbe valere anche per la cura delle piante. Ma la nostra società non è ancora arrivata a questo punto.
Se gli alberi possono comunicare fra loro, comprenderli dovrebbe essere un compito facile. Purtroppo, per questo tipo di messaggi non esiste né un dizionario né un decodificatore e anche a un amico degli alberi sapere che esistono tali forme di comunicazione parrebbe non servire a niente. Tuttavia si possono comprendere molte più cose di quanto non sembri a prima vista. A paragone potremmo prendere la comunicazione extraverbale fra le persone. I comportamentalisti hanno scoperto che, quando parliamo con un nostro simile, intuiamo istintivamente, in una frazione di secondo, il suo stato d’animo e l’atteggiamento di base che si cela dietro ciò che dice. Tensione dei muscoli, postura e mimica dicono più di mille parole e determinano la nostra reazione ai messaggi verbali del nostro interlocutore. Ed è proprio da qui che dobbiamo partire se intendiamo comprendere meglio gli alberi e il loro stato di salute, perché proprio come un essere umano, attraverso il suo aspetto l’albero ci dice come sta, da dove viene e dove vuole andare. Quando si sa dove e cosa guardare, queste piante giganti sono come un libro aperto. Ed è attraverso il loro linguaggio che possiamo aiutarli a trovare la collocazione migliore nei nostri giardini, a capire tempestivamente se sono in pericolo e a prendercene cura affinché siano fonte di gioia per i nostri pronipoti. Melo o nocciolo, platano o pino silvestre, betulla o faggio che sia, ogni albero ha molte storie da raccontare. Storie che lo hanno plasmato per quello che è, che hanno lasciato cicatrici profonde nella sua corteccia e nella sua essenza, rendendolo unico. Questa guida ha quindi lo scopo di aiutarvi a conoscere meglio gli alberi che vi circondano.
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