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Secondo l’autore di questa ‘Riflessione teologica biblico-storico-pastorale alla luce del Vaticano II’, questo il sottotitolo, il valore fondamentale per il sacramento della penitenza è la conversione. Dal punto di vista personale il peccato veramente ‘mortale’ si riscontra in un atteggiamento che polarizza la persona nel rifiuto dell’amore di Dio. Questa negazione poi si manifesta e si realizza nel rifiuto dell’amore verso gli altri uomini. E’ il tentativo di costruire se stessi e la storia nell’egoismo, nell’oppressione e nell’ingiustizia. Diversamente i peccati ‘di fragilità’ e quelli ‘veniali’ sono un male da combattere. Se non contrastati opportunamente finiscono per influire sulla ‘opzione fondamentale’. Occorre non dimenticare che il peccato ha anche una dimensione sociale ed ecclesiale perché ogni scelta umana ha una sua componente politica. La conversione da una situazione di vero peccato mortale richiede un cambiamento radicale della ‘opzione fondamentale’. La conversione implica una negazione del passato e l’inizio di un nuovo modo di vivere. Si tratta di un cambiamento, oltre che interiore, anche esteriore e che investe i rapporti della persona con Dio, con gli altri, con la società, con le situazioni, con la storia. I cristiani devono prendere coscienza della dimensione ecclesiale, sociale e politica della propria conversione. Essi sono responsabili del mondo perché hanno un compito di presenza razionale e responsabile all’interno della storia umana. La conversione cristiana sboccia in una qualche forma di confessione e in una richiesta di perdono e di riconciliazione con Dio e con gli altri. Il sacramento della penitenza non è l’unica forma di celebrazione ecclesiale della conversione e della riconciliazione del cristiano peccatore. Tale sacramento, la così detta ‘confessione’, è sorto ed è stato utilizzato per molti secoli soltanto per la riconciliazione
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