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Anno edizione: 2006
Anno edizione: 2010
Nel 1946, il governo italiano e il governo belga strinsero accordi bilaterali che portarono all'emigrazione massiccia di italiani destinati a lavorare nelle miniere di carbone del Belgio. Al di là delle catastrofi celeberrima è quella di Marcinelle, che portò alla morte di centinaia di minatori, soprattutto italiani la qualità della vita di questi lavoratori era pessima, anche perché l'esposizione prolungata a polveri di carbone porta sistematicamente allo sviluppo di malattie inguaribili. Difficile quindi parlare di quella situazione e di quell'epoca senza indulgere al rancore o al sentimentalismo, ma Santocono riesce in questa difficile impresa narrando in tono quasi colloquiale le vicende di una famiglia di siciliani emigrati in Belgio dal punto di vista di un bambino. L'ambientazione del romanzo è frutto di un'osservazione diretta da parte di questo scrittore figlio di emigrati, mentre i personaggi sono fittizi. L'impressione data dall'insieme è quella di un universo di difficoltà e di miseria. Ad esempio il terril, la montagna di scarti dell'estrazione del carbone, è rappresentata come uno spazio di gioco. Con delicatezza, l'autore trasmette il costituirsi di un'identità composita, evocata poi altrove con il termine immigritude coniato dallo stesso Santocono, ovvero "immigritudine", condizione che si nutre delle esperienze legate all'immigrazione. Nonostante il grande successo in Belgio, per vent'anni Rue des Italiens non è stato tradotto in italiano, ed è forse l'attualità della prospettiva che propone sulla migrazione e sull'integrazione che ha deciso le Edizioni Gorée a pubblicarlo ora. È un peccato che la traduzione proposta contenga numerose ingenuità, ma stranamente queste stesse imprecisioni aggiungono una sfumatura al tono colorito dell'opera, e ricordano la sua interazione con due universi culturali, geografici e linguistici.
Paola Ghinelli
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