Tra le opere di Rousseau reperibili nelle librerie italiane mancava questa difesa in forma dialogica, che appartiene all'ultima fase della produzione del filosofo. Deciso a rispondere alle voci che circolano sul suo conto, e che lo presentano come un misantropo ipocrita, Rousseau affida a tre dialoghi, redatti tra il 1772 e il 1776, il compito di ristabilire la verità. Gli interlocutori dei dialoghi sono Rousseau che inizialmente afferma di conoscere le opere del suo alter ego Jean-Jacques, ma di ignorare tutto della sua vita e un personaggio designato come "il Francese", che invece non ha letto i libri di Jean-Jacques ma ha raccolto tutte le dicerie calunniose che l'opinione pubblica va ripetendo sul suo conto (relative all'abbandono dei figli, alle sue opinioni politiche sediziose, alla povertà simulata). Il primo dialogo è incentrato sull'opposizione tra le due immagini possibili di Jean-Jacques: quella che emerge dai suoi scritti, e che è l'immagine di un uomo pacifico e dolce, e quella messa in circolazione dai suoi nemici, di un uomo "duro, selvaggio e funesto", "immerso nelle più brute dissolutezze". Nel secondo dialogo Rousseau, che racconta di essersi introdotto nel frattempo "nella familiarità di Jean-Jacques", porta sulla vita del suo alter ego una testimonianza oggettiva: è un uomo impacciato nel parlare, ma mite e sensibilissimo, solitario e sognatore. Il ritratto da lui tracciato (ricco di luci e di ombre) persuade il Francese a leggere le opere di Jean- Jacques. Dopo tale lettura, e dopo la testimonianza di Rousseau, nel terzo dialogo i due interlocutori vedono affiorare il profilo della verità lungamente cercata: il vero Jean-Jacques "innocente e perseguitato" non somiglia in nulla a quello fittizio inventato dai suoi potenti e crudeli calunniatori.
Mariolina Bertini
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