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Il libro viene ripubblicato dopo circa 35 anni. La narrazione inizia la sera del 16 settembre 1970, giorno in cui scompare a Palermo il giornalista Mauro De Mauro. Ci si aspetterebbe, quindi, un’attenta ricostruzione delle fasi del rapimento o quanto meno un’inchiesta giornalistica sul movente del rapimento, o già un racconto delle indagini delle forze dell’ordine per ritrovare il giornalista. Tuttavia non è semplice collocare il libro della Saladino, giornalista del quotidiano L’Ora di Palermo, all’interno di un genere letterario ben preciso, poiché le pagine dello scritto non si limitano a cercare di dare un senso al rapimento, ma piuttosto cerca di raccontare un anno di vita palermitana con i suoi problemi, le sue paure, le sue riflessioni, le sue contraddizioni, la sua ipocrisia. Antonino Blando, autore del Saggio introduttivo all’opera, rinuncia ad attribuire un genere allo scritto: «Quello della Saladino è uno dei pochi esempi italiani di un canone molto difficile che possiamo definire, come per il titolo, romanzo politico». Dietro il rapimento di De Mauro emerge il niente delle inchieste delle forze dell’ordine, ma questo niente dice molto di più, perché nel frattempo Giuliana Saladino sottopone al lettore la chiave di lettura di Palermo, della Sicilia e dell’Italia, che permettono di comprendere tutto ciò che c’è da comprendere sul caso De Mauro. La verità giudiziaria che si attende, in fondo è solo un aspetto della verità. A Palermo ci sono i drammi quotidiani, le scuole senza acqua e senza banchi, le sparatorie, gli avvertimenti con le esplosioni, lo scirocco, la malasanità, i licenziamenti, l’emigrazione, la mafia e la DC con i suoi rimpasti; ma anche il quotidiano L’Ora, il procuratore capo Pietro Scaglione, la droga, il sindaco Ciancimino, il costruttore Vassallo, il ministro Gioia.
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