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recensione di Christillin, E., L'Indice 1997, n. 4
Il Regio Manicomio di Torino è una delle istituzioni più antiche tra gli ospedali psichiatrici italiani; fondato nel 1728 per iniziativa della Confraternita del Santissimo Sudario, lo Spedale dei Pazzarelli fu infatti uno dei primissimi luoghi espressamente destinati alla cura di una patologia specifica invece che al ricovero di moltitudini indifferenziate di poveri, malati, anziani e trovatelli. Situato inizialmente in una casa del centro storico di Torino, nel 1851 il Regio Manicomio, a causa del "continuo vertiginoso aumento dei ricoverati", fu definitivamente trasferito nella Certosa di Collegno, a pochi chilometri dalla capitale sabauda; in questa sede transitarono per quasi un secolo e mezzo tutti i "matti" torinesi, fino all'entrata in vigore della legge 180 sulla chiusura dei manicomi. Collegno e la legge 180 costituiscono i confini spaziali e temporali in cui si sviluppa il lavoro di Gustavo Gamna, medico e docente di psichiatria improvvisatosi brillantemente per l'occasione anche storico, archivista e investigatore. Un piccolo fatto di cronaca, all'apparenza insignificante, ha offerto infatti all'autore lo spunto sia per ricostruire le vicende storiche dell'ospedale torinese, sia per riflettere sulla realtà del sistema manicomiale, sulle caratteristiche dei ricoverati, sui sistemi di internamento, sui rapporti di potere tra istituzioni pubbliche, amministrazioni ospedaliere, saperi medici e ordine costituito.
Incentrato su una rivolta scoppiata a Collegno nel reparto dei "pazzi criminali" la notte del 12 luglio 1912, il volume di Gamna ricostruisce le fasi e la conclusione della sommossa, accostando al racconto dell'autore i commenti pubblicati sui quotidiani del tempo e i verbali del consiglio di amministrazione dell'ospedale relativi "all'incresciosissimo evento". Il lavoro di Gamna non si limita tuttavia alla sola cronaca del fatto; una buona parte della ricerca, arricchita da un'interessante documentazione iconografica, è infatti dedicata alle storie individuali dei sobillatori, seguite analizzando con sapienza le loro vicende personali e le loro cartelle cliniche nel corso di mezzo secolo di vita. Il libro si chiude con la trascrizione del verbale della riunione del Consiglio provinciale sul "caso Collegno"; in quella sede, la richiesta illuminata del consigliere Barberis di concedere migliori condizioni a degenti e personale venne bruscamente tacitata da un coro unanime di amministratori, medici e autorità pubbliche, secondo i quali "il diritto dell'individuo" andava comunque e a ogni costo subordinato "all'interesse della collettività". Dopo il 12 luglio 1912 al Regio Manicomio di Collegno non cambiò dunque nulla ma, leggendo la sentenza sulla casa psichiatrica di Agrigento pubblicata recentemente, sembra non sia cambiato molto neanche negli ospedali di adesso.
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