L'11 dicembre 1942 i russi iniziano a saggiare la resistenza delle posizioni italiane sul Don. L'attacco principale colpirà un punto preciso del nostro schieramento, quello occupato dalle divisioni «Cosseria» e «Ravenna». Di fronte all'ARMIR i sovietici schierano 750 carri armati ai quali possiamo opporre, sulla carta, 31 carri leggeri L6/40 e 19 semoventi L40. L'Armata Rossa dispone inoltre di 2.000 cannoni di vario calibro e di 200 lanciarazzi multipli Katjusa. Gli italiani hanno poco meno di 600 cannoni, un centinaio dei quali risalenti alla Prima guerra mondiale. I pezzi anticarro sono circa 300 (di cui 19 montati sui semoventi), integrati da 54 moderni cannoni «Pak 40» da 75 mm, forniti dai tedeschi. La seconda battaglia del Don inizia il 16 dicembre, ma la sproporzione delle forze in campo è tale da segnarne in breve tempo le sorti. Contro la «Cosseria» e la «Ravenna» vengono lanciate all'assalto 10 divisioni di fucilieri, 13 brigate corazzate (e cioè più di 300 carri armati), 4 brigate di fucilieri motorizzate e 2 reggimenti corazzati autonomi. Nel tratto di fronte dove hanno previsto di sfondare, i sovietici godono di una superiorità schiacciante. Con il crollo delle difese inizia per i nostri soldati un'autentica odissea nella steppa, fatta di gelo, fame e morte.)
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