Il lavoro affronta i tre profili della risoluzione del contratto, quella più frequente generata dall’inadempimento e le due residuali, ma non meno importanti, derivanti dall’impossibilità sopravvenuta e dall’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione. Lo studio delle fattispecie è di particolare importanza anche per il notaio che, sebbene non si occupi del contenzioso generato dalla mancata realizzazione del sinallagma, è però in grado di prevenire molti dei problemi che il comportamento dei contraenti o gli eventi del mercato o della vita di tutti i giorni generano. Questo ovviamente sulla base della tecnica contrattuale, in grado di guidare le parti ad un’attenta regolazione preventiva di molte delle questioni che, altrimenti, verranno decise dal giudice magari deludendo le aspettative di entrambe, per il solo fatto di non aver dato adeguato risalto ai propri interessi in sede di stesura del testo contrattuale. Di qui il richiamo, costante nel lavoro, alla difficoltà di definire la gravità dell’inadempimento che, a mente dell’art. 1455 c.c., consente di risolvere il contratto; l’attenzione posta alle regole sulla risoluzione stragiudiziale, con ovvio riferimento alla clausola risolutiva espressa ed al termine essenziale; il richiamo al concetto di rischio in tema di impossibilità sopravvenuta; la definizione del concetto stesso di impossibilità ed il problema della sua prevedibilità; il tema della rinegoziazione quale meccanismo di riequilibrio delle prestazioni a seguito di mutamenti improvvisi ed inattesi del mercato e così via. Gli argomenti sono affrontati con ovvia considerazione degli atteggiamenti della giurisprudenza, talora soggetta a critica serrata, ad es. in relazione alla nozione di clausola di stile dalla stessa configurata come anche come per la recente decisione che avrebbe ritenuto (erroneamente) nulla la clausola che prevede la irresolubilità del contratto per inadempimento, posto che la rinuncia ad una delle tutele concesse dall’art. 1453 c.c. non significa abdicazione dalle altre. Non è però un lavoro affidato alla sola giurisprudenza, dato che una solida ricostruzione dogmatica degli istituti consente di affrontare con rigore tutti i possibili profili connessi alla teoria della risoluzione, senza accondiscendenza ad orientamenti che talora sembrano essere méra ripetizione di massime consolidate più che riflessioni attente al dato normativo e, non ultimo, all’effetto economico che deriva dalla scelta di una via rispetto ad altra. D’altro canto anche talune tesi della letteratura, non ancora affrontate dai giudici, trovano spazio nel testo: è ad es. rospettabile il c.d. inadempimento efficiente, tenendo conto della maggior utilità economica che il contraente infedele possa trarre dalla prestazione che non esegue? In che misura, torniamo ad un tema già ricordato, si può configurare un obbligo di rinegoziazione che possa poi trovare attuazione concreta tramite la penna del giudice? A questi ed ai moltissimi problemi che la materia porta con sé gli autori hanno tentato di dare risposta nelle pagine della loro fatica.
Leggi di più
Leggi di meno