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Perché il nostro Paese non riesce a liberarsi dalla burocrazia? Come si può restituire all'Italia il suo futuro?
Più che mai oggi l'Italia ha bisogno di tornare a crescere. Già prima della catastrofe sanitaria, era, insieme alla Grecia, l'unico paese europeo in cui il reddito disponibile pro capite delle famiglie fosse diminuito nell'ultimo quarto di secolo. Ora è nel mezzo di quella che potrebbe essere la peggiore recessione della storia repubblicana e la montagna del debito pubblico non è mai stata così alta. Per quattro anni Tito Boeri è stato presidente dell'Inps e ha visto dall'interno la macchina più grossa e importante dello Stato italiano, quella che paga le pensioni di 16 milioni di italiani, assicura contro la disoccupazione 23 milioni di lavoratori, paga la cassa integrazione e ha sussidiato partite Iva e autonomi durante la chiusura per la pandemia, arrivando a gestire oltre il 50 per cento della spesa pubblica. Questo è il racconto della palla al piede che impedisce al Paese di crescere. Un dispositivo fatto di burocrati non all'altezza e troppo politicizzati, leggi assurde che creano burocrazia a mezzo di burocrazia, interessi privati, lottizzazioni, politici miopi e sindacati ancora più miopi. Entrare nel labirinto infinito della burocrazia significa scontrarsi con tutte le contraddizioni e le disfunzioni del nostro Paese. Eppure, questo viaggio nelle deviazioni e nelle storture dello Stato ci offre innumerevoli occasioni per ragionare sulle soluzioni possibili e ci rivela anche che ci sono civil servants che interpretano il loro ruolo come missione al servizio dei cittadini. Solo il tempo a disposizione sta per scadere. Dobbiamo ridefinire confini fra pubblico e privato anche alla luce dell'esperienza accumulata nella lotta contro la pandemia e aprire gli occhi sull'amministrazione pubblica, chiamata a garantire continuità anche nell'instabilità politica, e riprenderci lo Stato.
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