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Nel Medioevo i materiali provenienti dagli antichi edifici e monumenti classici (colonne, basi di colonne, capitelli, frammenti di trabeazione, lastre eccetera) vennero abbondantemente riutilizzati nelle nuove costruzioni cristiane. Se questo fenomeno è stato ben studiato, risulta quasi completamente ignorato dalla letteratura critica un aspetto collaterale molto importante: gli interventi di rilavorazione che tendono a modificare in qualche modo la configurazione originaria del materiale (in genere scultoreo) che viene riutilizzato, in funzione di precise esigenze di ordine tecnico-pratico, oppure in relazione alle motivazioni ideologico-culturali proprie dell’epoca in cui avviene l’intervento.
Da questo volume emerge un inedito spaccato, limitato all’area italiana, in cui la tendenza dominante sembra quella di far convivere idealmente l’età moderna accanto a quella antica nei manufatti rilavorati, come se l’artista medievale, cimentandosi timidamente con il labor antiquorum, intendesse esorcizzare il timoroso rispetto che ha sempre nutrito per le antichità (spolia) a motivo del loro irresistibile fascino.
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