Ricordo quasi tutto è un personalissimo viaggio autobiografico, ma anche la sorprendente istantanea di un'Italia così bella da rendere davvero impossibile la scelta di un luogo dove fermarsi.
«Una grande famiglia è una famiglia disseminata, divisa, complicata, persa, ritrovata. L'albero genealogico segna rami che a volte non si sono mai toccati, e a volte si sono uniti indissolubilmente.»
Fulco Ruffo di Calabria appartiene a una delle famiglie più antiche e blasonate d'Europa, che vanta fra i suoi membri re e regine, principi e principesse, cardinali ed eroi, come il nonno Fulco, asso dell'aviazione della Prima guerra mondiale e medaglia d'oro al valor militare. Con legittimo orgoglio ma anche con estrema spontaneità e semplicità, Fulco si racconta per la prima volta in una sorta di diario «geografico» che ripercorre la sua vita di nomade d'eccezione: l'infanzia torinese insieme ai fratelli Augusto, Imara, Umberto e Alessandro, sotto l'occhio vigile e affettuoso della «signorina Natalia», amica e complice; la Pasqua a Roma da nonna Luisa; le feste con i compagni di giochi, fra i quali Edoardo e Margherita Agnelli e i «rampolli» di casa Marone Cinzano, i Rivetti, i Nasi, i Vallarino Gancia; i collegi esclusivi a Moncalieri, Pallanza, Paderno del Grappa e Gressoney; le indimenticabili vacanze a Poveromo, in Versilia, nella accogliente e vissuta casa di famiglia, in compagnia di nonni, cugini e zii (fra cui Paola, futura regina dei Belgi) o a Sestriere. I viaggi per tutta l'Europa con la «banda Ruffo» (così zia Paola chiamava i nipoti) negli «anni feroci e fieri», in cui «non ci facemmo mancare niente», all'insegna della spensieratezza e degli amori passeggeri. Fino al trasferimento in Sudafrica, dove Fulco si reca per lavorare nella società del padre. Poi il ritorno in Italia, e quell'irrequieto peregrinare di città in città alla ricerca del luogo in cui riconoscersi e potersi fermare per sempre: Torino, Roma, Lecce, il Salento, con i suoi profumi e la sua ospitalità, di nuovo Roma... Queste pagine sincere e appassionate non mancano però di raccontare anche ricordi dolorosi: il difficile rapporto con il padre, fin dall'inizio così «distante» e presto del tutto assente, la paternità irrisolta, l'improvvisa quanto inaspettata fine del matrimonio con Melba. Mettendo a nudo, senza reticenze, la paura di sempre: non essere all'altezza delle aspettative.
«Da come ho vissuto, so per certo che le storie d'amore possono finire, e per fortuna! Che mi piace andare a vedere sempre cose che non conosco, ma non conosco l'applicazione delle cose. Che mai un attimo della mia vita è stato banale. Che il mio senso di famiglia e appartenenza me lo sono portato dentro, ovunque e comunque.»
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