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Il testo dei Ricordi è quello dell'ultima redazione del 1530, la cosiddetta "redazione C". Le note sono a fine libro. Edizione ben fatta.
Un classico che merita di essere letto, meditato e - perché no - anche sottolineato qua e là: i "ricordi" sono da intendersi come insegnamenti, ammonimenti, frutto dell'esperienza di vita dell'autore. Gli argomenti spaziano dalla politica alla religione, alle esperienze esistenziali personali, da cui traspare una visione disincantata e razionalistica, che si può condividere o meno. In ogni caso si apprezzano l'intelligenza e la capacità espressiva, che rendono gustosa la lettura. L'edizione è molto curata e ricca dei necessari commenti.
"Non crediate a coloro che fanno professione d'avere lasciato le faccende e le grandezze volontariamente e per amore della quiete, perché quasi sempre ne è stata cagione o leggerezza o necessità" (n° 17). "Quanto è diversa la pratica dalla teorica! quanti sono che intendono le cose bene, che o non si ricordono o non sanno metterle in atto!" (n° 35) "Non mi piacque mai ne' miei governi la crudeltà e le pene eccessivi (...) pure che si pigli regola di punirli tutti." (n° 46) "Non spendere in sullo assegnamento de' guadagni futuri, perché molte volte o ti mancano o riescono minori del disegno" (n° 55). "Non fate novità in sulla speranza di essere seguiti dal popolo, perché è pericoloso fondamento, non avendo lui animo a seguitare" (n° 121). "Ciascuno reputa brutti e peccati che lui non fa, leggieri quegli che fa" (n° 122). "Chi disse uno popolo disse veramente uno animale pazzo, pieno di mille errori, di mille confusione, sanza gusto, sanza deletto, sanza stabilità." (n° 140) "Quanto fu accommodato quello detto degli antichi: Magistratus virum ostendit!" (n° 163). "Tutte le città, tutti gli stati, tutti e regni sono mortali" (n° 189). "Non è possibile fare tanto che e ministri non rubino." (n° 204) "Della astrologia, cioè di quella che giudica le cose future, è pazzia parlare." (n° 207) Francesco Guicciardini scrisse i suoi "Ricordi", qui pubblicati in un'edizione di formato ridotto ma di bella fattura, nei primi decenni del Cinquecento. Spesso a scuola lo si salta per far spazio a Machiavelli o perché si è a fine anno. Peccato, perché potrebbe insegnarci ancora molto, e chissà che direbbe se potesse vederci alle prese con Paolo Fox, con il populismo e con le fake news e le ansie da complottismo da social network. Forse questo: "E popoli communemente e tutti gli uomini imperiti si lasciano (...) tirare..." (n° 62). Caro Francesco, forse eri fin troppo ottimista!
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