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Il rinnovamento, innanzitutto metodologico, che a partire dagli anni settanta ha interessato le ricerche sulla Resistenza, ha reso obsoleti i grandi quadri storici che di essa furono offerti nel corso degli anni cinquanta e sessanta. Gli stessi progressi della storiografia, ampliando i campi di indagine e i temi con cui lo studioso deve oggi confrontarsi, hanno però paradossalmente scoraggiato la stesura di nuove opere di carattere generale. Colmare questa lacuna, senza alcuna pretesa di esaustività, è la finalità da cui muove questa agile sintesi critica. Il libro è suddiviso in due sezioni, di cui la prima è dedicata agli aspetti propriamente politici e militari della Resistenza. È il tema su cui inizialmente la storiografia appiattì l'intera vicenda resistenziale, ricostruita spesso nella prospettiva dell'insurrezione finale, con un vizio finalistico che tendeva a presentarla quasi come fosse l'esito di un processo necessario. Una lettura tutta interna alla resistenza stessa e che sacrificò la non linearità dell'esperienza partigiana alla preoccupazione di sottolinearne il carattere di consapevole rottura nella storia di Italia, non dando così pienamente conto della complessità dell'interazione esistente fra i diversi attori in campo (movimento partigiano, partiti antifascisti, regno del Sud, Alleati, tedeschi, Rsi), ossia del contesto in cui vennero concretamente delineandosi le scelte dei singoli e quelle collettive, e con essa proprio di alcuni degli elementi di maggior discontinuità rispetto al passato. Nella seconda parte, invece, Peli affronta alcuni nodi problematici su cui si è soffermata la recente storiografia (il ruolo delle donne, la resistenza civile, la violenza partigiana e le stragi nazifasciste) che, come dimostra il parziale o totale silenzio calato su di essi nell'immediato dopoguerra, intrattengono una relazione particolare con la memoria storica degli italiani.
Cesare Panizza
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