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Il volumetto di Del Bò è agile e di rapida lettura: certamente un pregio, tanto più se si tiene conto della necessità d'introdurre il lettore a un tema ancora inesplorato. Si tratta del reddito di base, universalista e incondizionato, che dovrebbe essere concesso a tutti sulla base del semplice fatto di esistere. Lo studio si concentra sui dubbi di tipo filosofico-morale cui esso inevitabilmente dà vita; e illustra come le diverse correnti del pensiero della filosofia politica inseriscano il reddito di base all'interno della propria concezione di società giusta. Viene inoltre trattato il tema dello sfruttamento, a partire dalle tesi di André Gorz e da quelle "libertarie di sinistra". Si scopre poi con stupore, ad esempio, che da almeno due decenni l'Alaska distribuisce ai propri cittadini (residenti da almeno un anno, e persino ai bambini) un reddito annuale cospicuo derivante dai proventi del petrolio. L'autore dichiara di non voler indagare la sostenibilità economica della soluzione proposta: incontrando la nostra simpatia, poiché il reddito di base viene prospettato per far fronte all'insostenibilità dei sistemi assistenziali: anche dalla sua valenza di alternativa il basic income deriva la propria legittimità. E il carattere immaginario dell'economia che volesse adottarlo acquista paradossalmente un peso reale se se ne estende l'ambito di applicazione fino a farlo coincidere con il mondo intero. Già nel 1822 Jacques-Gilbert Ymbert ( L'art de faire des dettes , 1822; Il Melangolo, 1991) proponeva, seppure con ironia, di assegnare crediti agli uomini comme il faut , per il solo fatto di essere tali. Tutto dipende da ciò che s'intende con "società giusta"; ma come ricorda l'autore, il basic income non è un'idea stravagante. E il suo libro lo dimostra.
Mario Cedrini
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