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WOOLLEY, BENJAMIN, Mondi virtuali
RHEINGOLD, HOWARD, La realtà virtuale
recensione di De Gaetano, D., L'Indice 1994, n. 4
Se l'attualità di un argomento dipende dalla sua fortuna editoriale, allora si può tranquillamente affermare che la "realtà virtuale" è uno degli argomenti su cui si dibatte di più ultimamente in Italia. Romanzi, manuali saggi, riviste specializzate, tavole rotonde: gli universi artificiali generati dal computer hanno ormai abbandonato il ristretto ambito degli addetti ai lavori per affacciarsi nella vita di tutti i giorni. Cominciano a diventare familiari concetti quali "ciberspazio" (luogo virtuale tridimensionale che l'uomo può modificare in tempo reale), "teledildonica" (sesso simulato a distanza) o "LSD elettronica" (simulazioni cui si diventa talmente assuefatti da sostituire la realtà). Ricevono particolare attenzione i futuri sviluppi applicativi della tecnologia della realtà virtuale: dalla diagnostica medica alla visualizzazione scientifica, dalla progettazione architettonica alle telecomunicazioni. Ma se le prospettive aperte, già reali o ancora immaginarie, sono praticamente infinite, si insinuano interrogativi di ordine etico, filosofico e morale. Chi controllerà questa nuova realtà artificiale? Qual è la differenza tra videogiochi e incursioni aeree reali? Può davvero la realtà virtuale essere l'arma di lavaggio del cervello per eccellenza? Su questo tipo di problematiche due giornalisti e studiosi statunitensi hanno ripercorso le tappe fondamentali del cammino del "virtuale" dalle origini sino agli anni novanta.
"Credo che non sia necessario sperimentare una tecnologia direttamente perché questa cambi realmente la vita. Nessuno di noi usa abitualmente il microscopio, eppure il microscopio ha trasformato la nostra vita", spiega Howard Rheingold nell'introduzione del suo ultimo saggio "La realtà virtuale". Nel volume di Rheingold, ottimamente documentato e di facile lettura si possono così incontrare i precursori di tali meraviglie artificiali, quei pensatori che già negli anni sessanta avevano capito di "trovarsi allo stato iniziale del fenomeno più importante dall'invenzione dell'alfabeto". Marshall McLuhan vedeva la nuova tecnologia come un'estensione del corpo umano: "come la ruota è un'estensione dei piedi e il telescopio è un'estensione degli occhi, così la rete di comunicazione è un'estensione del sistema nervoso". Al MIT, il celebre istituto del Massachusetts, Ivan Sutherland, uno ; dei "fondatori" della realtà virtuale, aveva immaginato un "display definitivo" grazie al quale la gente avrebbe potuto provare esperienze autentiche attraversando territori astratti simili alle avventure di Alice nel Paese delle meraviglie. Partendo dall'illusione cinematografica, Morton Heilig aveva brevettato nel 1962, senza troppa fortuna, il "Simulatore Sensorama", una macchina in grado di creare esperienze multisensoriali. Paradossalmente, commenta Rheingold, "l'idea di Heilig è sul punto di diventare realtà negli anni novanta, ma la strada che ha portato alle attuali tecnologie per la realtà virtuale" è partita dall'informatica, anzi da un'intersezione tra informatica, stereoscopia e simulazione nei laboratori di ricerca accademici, militari e commerciali.
Ed è questo il punto. Ogni nuova avventura tecnologica richiede il verificarsi di una serie di combinazioni: l'intelligenza dei finanziatori, i sogni dei visionari, la concretezza dei tecnici e lo svilupparsi di tecnologie di base sufficientemente potenti. Proprio il realizzarsi di queste condizioni permise la nascita negli anni ottanta di industrie del settore come la Vpr Research di Jaron Lanier, che per prima ha commercializzato il guanto ('Data-Glove') e il casco ('Display Head-Mounted'), l'affermarsi dei personal computer, lo sfruttamento commerciale mediante i videogiochi del laboratorio dell'Atari di Sunnyvale, le applicazioni robotiche spaziali da parte della Nasa, la ricerca di centri sperimentali come il Chapel Hill dell'Università del North Carolina, le formulazioni teoriche come quella dell'infonauta Myron Krueger, coniatore nel 1983 del termine "realtà artificiale". Ma, dietro al fervore delle ricerche, Rheingold non dimentica che la maggior parte dei finanziamenti proviene dal dipartimento della difesa del governo statunitense e che pertanto i congegni di simulazione militare e i progetti di "guerra virtuale" (visti in azione durante la guerra del Golfo) furono il motore trainante della ricerca. Ciononostante, gli ultimi capitoli del libro sono dedicati ai possibili sviluppi "positivi" e all'allargarsi della ricerca anche in altre aree geografiche, Giappone e Gran Bretagna su tutti.
Più cauto invece l'atteggiamento di Benjamin Woolley, giornalista e conduttore di programmi per la Bbc. In "Mondi virtuali", da poco tradotto per la Bollati Boringhieri, la nuova esperienza virtuale sembra essere ancora molto lontana dal proposito di "cambiare la nostra vita reale e il modo di concepire noi stessi e il mondo che ci circonda realizzando tutti i desideri". Per questo nei 12 capitoli che compongono il volume, tanti quante le parole chiave individuate da Woolley ("Euforia, Simulazione, Intelligenza artificiale, Ipertesto" e via di seguito), viene dato ampio spazio ai riferimenti culturali, scientifici e filosofici. Il capitolo sulla "Finzione" si apre con Amleto e Don Chisciotte, eroi letterari del nuovo mondo moderno, mentre per il capitolo dedicato all'"Interfaccia" si giunge a scomodare persino Cicerone e l'arte della retorica. La realtà virtuale prosegue insomma il cammino culturale e scientifico intrapreso dall'uomo secoli fa con l'invenzione dell'alfabeto e della stampa, verso la conoscenza del mondo che lo circonda e la definizione della propria identità. Ma per Woolley è ancora lunga e tortuosa la strada che porterà alla creazione di un nuovo universo. Entusiasmi e timori del nuovo: ogni rivoluzione, ogni cambiamento rappresenta un salto nel vuoto e l'uomo conosce bene "il principio secondo il quale non si può avere niente per niente, ma tutto ha un prezzo che bisogna pagare". Un prezzo che ancora non conosciamo.
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