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Sono almeno due le chiavi di lettura attraverso cui esplorare l'ultimo libro di Bonomi. Da un lato appare un resoconto e nel contempo una revisione delle precedenti ricerche dell'autore nel corso degli anni ottanta e novanta. Interrogandosi sui mutamenti sociali, economici e politici dell'Italia contemporanea, con un'attenzione particolare per il Nord del paese e in particolare per l'area pedemontana, "spaesata, stressata e orfana del fordismo", Bonomi mostra le reazioni delle diverse realtà produttive e geografiche nei confronti del fenomeno della globalizzazione e delle sfide che lanciava al sistema produttivo del Settentrione. Mutamenti, questi, che, traducendosi spesso in un ritorno a forme di localismo e, per dirla con il citato Hobsbawm, di "invenzione della tradizione", hanno avuto come sbocco politico il successo prima del leghismo e poi del berlusconismo. Proprio l'avanzata in alcune delle aree più produttive del paese delle forze del centrodestra italiano mostra inoltre un secondo aspetto particolarmente interessante del volume di Bonomi. Si tratta infatti della sempre più evidente difficoltà delle sinistre non solo a raccogliere consensi e voti, ma anche, e soprattutto, a offrire interpretazioni, letture e possibili proposte di fronte alla realtà del paese. La domanda che l'autore si pone è semplice quanto pregnante: "Come è possibile che chi sapeva tutto della fabbrica, della catena di montaggio, del rapporto fabbrica-territorio negli anni settanta e ottanta, a un certo punto si sia trovato completamente spiazzato di fronte al cambiamento?". Non rimarrebbe quindi alla sinistra, secondo Bonomi, altra via d'uscita che quella di confrontarsi con la rinata voglia di comunità, intesa "come modalità per individuare nuove forme di accompagnamento delle moltitudini che ripartano dal valore della fraternité ".
Francesco Regalzi
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