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il libro narra i passaggi che hanno portato alla stesura del libro stesso secondo un canovaccio spesso utilizzato che rende la lettura sicuramente interessante, alternando parti "storiche" alle vicende odierne. E' un paradosso però perchè l'autrice cita in continuazione il "libro" che sta scrivendo su Georg Renno suo parente...ma in realtà parla di fatto del titolo in oggetto, di conseguenza l'approfondimento sul parente nazista si riduce a poche pagine di un libro che ne conta già poche (204). L'occasione è quindi parzialmente "mancata" ma in primis perché l'autrice è vittima del meccanismo (non voler riaprire le ferite, per opportunismo ecc) che ha fatto sì che, nel dopoguerra, le responsabilità di chi ha aderito al nazismo non venissero alla luce, se non, in anni molto più recenti, grazie alle generazioni successive a quelle che alla guerra presero parte. Mireille non fa allo "zio" le domande che invece pone Walter Kohl che nel libro viene citato e che l'autrice incontra e diventa nuovamente parte del libro stesso. Il libro si attorciglia su se stesso. Probabilmente se Mireille avesse avuto il coraggio di fare le domande "scomode" avrebbe effettivamente potuto scrivere il libro sullo "zio" che cita, non avendole fatte gli elementi recuperati sono più quelli puntuali "storici" che non - sarebbe stata la parte più interessante - l'analisi delle ragioni che portarono Georg Renno (giovane medico, persona colta e brillante) ad aderire al programma T4, ossia la soppressione di tutti coloro che la Germania non riteneva "utili", malati di mente, omosessuali, ebrei ma anche prigionieri di guerra...e solo per la presenza di quest'ultimi gli alleati si interessarono seriamente al programma.
Una descrizione interessante anche se breve sull'attivita' criminale di questo castello e dei loro operatori. Quello che piu' provoca disgusto non e' tanto la coscienza di questo medico assassino che e' gia' difficile da assorbire in tutta la sua assenza, e' la facilita' estrema con la quale, tramite una assurda burocrazia, la fece franca vivendo indisturbato per tutto il resto della sua vita. Queste scappatoie cosi' semplici che resero impuniti molti di questi operatori di morte programmata, a mio avviso, rappresentano soltanto un tentativo di minimizzare i crimini commessi in questi centri, esattamente come fecero gli stessi artefici di questi omicidi di massa, che si nascosero dietro i:" eseguivo gli ordini, non si poteva dire no, era la guerra, era necessario". Diciamo che almeno il nome di questo criminale non rimarra' mai piu' immacolato e lindo.
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