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Ma sarà possibile valutare finalmente un libro a prescindere dalle proprie tendenze politiche? Griner dichiara chiaramente di aderire ai valori liberaldemocratici che la la vittoria di Franco contribuì ad affossare. Questo non basta a non vedere nel libro un'apologia del fascismo solo perché non scatta nell'autore il riflesso automatico a denigrare Mussolini e compagnia cantante? Buona la ricostruzione, ma certo non inedite le opere citate, almeno in certi ambienti (l'ottimo Renzo Lodoli primo tra tutti).
Ottima ricostruzione della partecipazione del nostro paese alla guerra civile spagnola. Forse i "ragazzi" non erano tutti "ragazzi", ma è pur sempre vero che non erano fascisti imbelli e vecchiotti come certa vulgata di sinistra ha tentato di far credere. L'autore racconta bene una idealità che non condivide, rendendola viva e sciagurata nello stesso tempo. E tutto sulla base di libri finora trascurati. Se questo è seguire l'onda di Pansa, ben venga!
Un'altra occasione perduta, gli italiani non riescono a rivisitare la loro storia recente e questo libro si confonde tra una operazione di marketing, parlare bene di tutti si vende meglio, e la moda attuale alla G.Pansa: rimangiarsi tutto paga bene. A mio avviso grossolani errori storici, una celebrazione delle italiche virtù. I ragazzi del '36 non erano ragazzi ed hanno contribuito ad una delle più grandi nefandezze del 900. In seguito pagheremo cara la nostra collaborazione alla vittoria franchista: una guerra perduta, un paese preda dell'immoralità.E' ben strano che nel settantesimo anniversario la storiografia italiana non sappia produrre altro; leggete invece della stessa casa editrice il bel libro di Beevor.Pulito , aggiornato e lontano dalla retorica anche repubblicana o meglio stalinista.
Recensioni
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Questa storia della guerra di Spagna dal punto di vista italiano ruota su una tesi non maggioritaria, ma neppure nuova. In Spagna, scrive Griner, già studioso della banda Koch, non si affrontarono la democrazia e il totalitarismo, bensì due varianti del totalitarismo, la fascista e la comunista. Sicché in quell'occasione Mussolini non concorse ad affossare una democrazia, ma a scongiurare l'avvento dei soviet in Europa occidentale, data la sicura volontà di Stalin nel procedere alla "bolscevizzazione della Spagna". L'autore giudica del resto "grottesca" la definizione di "governo legittimo" per la Repubblica: assecondando l'estrema sinistra, essa non aveva forse ben presto trasformato in "carta straccia" le garanzie costituzionali? La vittoria di Franco fu così il male minore. Questa la tesi che si trova disseminata lungo il volume. Ed è nell'intento di corroborarla sul piano emotivo che si sottolineano qui con forza non tanto i massacri franchisti, e nemmeno la "feroz mattanza" dei repubblicani e dei rossi sopravvissuti nel dopoguerra tematiche appena sfiorate , quanto le pur indiscutibili efferatezze commesse da alcuni nuclei repubblicani durante il conflitto (peraltro, se la testimonianza sugli eccidi fascisti di un Bernanos è ritenuta enfatica, quella di Curio Mortari o altri sulle violenze antifranchiste non è messa in discussione). Su Guernica, l'autore sposa le versioni al ribasso offerte di recente da alcuni storici, che parlano di "soli" duecento morti, non più milleseicento, aggiungendo che, dopotutto, il fine dell'attacco non era "né la distruzione della città né l'annientamento della popolazione, ma la distruzione del ponte sull'Oca".
Daniele Rocca
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