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libro un pò noioso, poco scorrevole
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“Mille, o ciò che restava di lei, fu trovata da Simen e da due suoi amici mentre stavano scavando nel bosco in cerca di un tesoro.”
Inizia così il romanzo La ragazza dallo scialle rosso della scrittrice e giornalista norvegese Linn Ullmann. Una frase che ci sbaraglia, mettendoci di fronte ad un fatto - una ragazza è stata uccisa - e ad un contrasto fortissimo: un cadavere là dove dei ragazzini cercano un tesoro.
La scrittrice ha catturato la nostra attenzione, non riusciremo ad interrompere la lettura, anche se questo non è un thriller. Piuttosto è la storia di una famiglia ed è inevitabile ricordare le parole di Tolstoj - che ogni famiglia è infelice a modo suo, mentre le famiglie felici si assomigliano tutte.
E la storia di questa famiglia - la vecchia Jenny che vive con un donnone che si prende cura di lei, la figlia Siri che gestisce due ristoranti, il marito di questa, Jon, che è uno scrittore in crisi di ispirazione, le due bambine, Alma e Liv - non viene raccontata da un narratore oggettivo che sa tutto ma da diversi punti di vista.
Non c’è un ordine fisso sull’alternarsi dei punti di vista che sfumano l’uno dentro l’altro, passando dall’uso della terza alla prima persona in una sorta di monologo interiore che quasi passa inosservato, senza alcuna forzatura. E non c’è neppure un ordine cronologico degli avvenimenti.
Mille è morta, questo è certo, poi la ritroviamo viva quando si presenta come baby-sitter per Liv di cinque anni.
Mille è scomparsa la sera della festa organizzata da Siri per il settantacinquesimo compleanno della madre Jenny.
Jenny non voleva essere festeggiata e quella sera la figlia l’aveva trovata ubriaca nella sua stanza. Erano vent’anni che Jenny non beveva. Prima di allontanarsi dal giardino, Mille aveva suggerito al marito di Siri di raggiungerla a bere qualcosa.
Jon, corteggiatore impenitente e giocoso di fanciulle e di donne, non aveva raccolto l’invito di Mille, anche se aveva pure lui lasciato la festa. Come lo aveva fatto Jenny, mettendosi ubriaca al volante e portando con sé la nipotina Alma.
Non sarà mai chiaro che cosa sia successo quella sera, anche se noi siamo vicino a Mille che piange sul bordo della strada e vorrebbe suonare alla porta di qualcuno per chiedere che la lascino telefonare. Perché La ragazza dallo scialle rosso è un libro pieno di ombre, è un libro di “segreti e bugie”, come il titolo del film di Mike Leigh. Un libro di tragedie di cui non si può parlare e che pesano come macigni: quando Siri aveva sei anni, il suo fratellino era annegato nello stagno nel bosco e Jenny non glielo aveva mai perdonato. Come se Siri fosse responsabile - lui era corso avanti, era scomparso. Ma che dire di una madre che obbligava i bambini a stare fuori casa per due ore, che non voleva vederseli attorno per due ore?
Ci sono poi i drammi minori, l’allontanamento tra i coniugi, la ribellione adolescenziale di Alma - nasconde un segreto Alma?
Un libro di bugie, bugie che si dicono agli altri (a fin di bene, almeno questo è il pretesto), bugie che si dicono perfino a se stessi.
Lo scrittore Jon che inventa storie dovrebbe saperlo: qual è il confine tra menzogne e fantasia? È così labile che lui stesso non sa dove finisca l’arte dell’immaginazione. Forse è l’inconscia suggestione dei nomi - impossibile non collegare Linn Ullmann con sua madre, splendida interprete di tanti film del regista Ingmar Bergman, padre di Linn -, forse è la perfezione del tocco della scrittrice nel ricreare i paesaggi nordici, forse è per entrambe le cose che non possiamo fare a meno, leggendo La ragazza dallo scialle rosso, di sentirci trasportati in uno dei film di Bergman che sono diventati dei classici. Sul prato prospiciente “Il posto delle fragole”, negli interni della casa di “Scene di un matrimonio”.
E viene spontaneo riflettere come si sia espressa diversamente la genialità famigliare, pur ruotando sullo stesso perno - la vita, le persone, i sentimenti -, scegliendo mezzi diversi, l’immagine, la personificazione, la parola.
Linn Ullmann ha il dono della parola, le sue parole colorano il paesaggio per noi, ci fanno prendere parte alle conversazioni dei personaggi, come fossimo presenti, nascosti dietro una tenda.
A cura di Wuz.it
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