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Solitudine, cinismo, incomunicabilità, città caotiche, ritmi alienanti: alcuni, forse i più gravi, malesseri della vita quotidiana di oggi. Malesseri spirituali e comportamentali, che colpiscono indifferentemente uomini e donne. Questi i temi efficacemente tratteggiati in "Racconti in punta di cravatta" (Editore MdS, collana "Sfridi-trucioli d'arte", 2013, pp. 208, euro 12), libro d'esordio di Vincenzo Sardiello. Esordio letterario grazie al coraggio, o incoscienza ?, della casa editrice "Mani di Strega", una cooperativa di giovani donne di Pisa. Coraggio, o incoscienza, che hanno solo le piccole case editrici - Dio le abbia in gloria! - , che ancora scommettono sulla qualità. I grandi gruppi editoriali, colpevoli di riempire il mercato librario di prodotti mediocri, hanno abdicato da tempo a questo compito. Vincenzo Sardiello è un giovane scrittore salentino, nato a Francavilla Fontana. Sociologo ed esperto d'arte, cura mostre di pittura e si occupa di regia teatrale. "Racconti in punta di cravatta" - illustrazione di copertina: Luigi Lerna - contiene diciannove racconti e due commedie ("Il cappio e il sorriso" e "Scacco al re"). Fotografano scene di vita quotidiana, i cui personaggi borghesi vivono un'umanità interna in dissidio con l'inumanità dell'ambiente esterno. Sempre sballottati tra Eros e Thanatos, tra la categoria del tempo e del numero (ricorrente è la cronometrizzazione minuziosa dei gesti quotidiani e dei costi degli oggetti). Pietro Filomeno
Nella lettura si osserva un modulo di narrazione essenziale. Periodi brevi, costituiti a volte da una sola parola, ma capaci di manifestare, ovviamente in maniera implicita, l'avvicendarsi e il susseguirsi delle azioni, la presentazione dei fatti, delle circostanze che in modo vorticoso compongono e dipanano la struttura del racconto. Ciò conferisce sicuramente speditezza alla narrazione e dà una fisionomia particolare a quello che si vuol dire. Ovviamente non s'intende affermare che questo è il modo o l'unico modo di scrivere, ma semplicemente che ognuno ricerca, nel dire le cose, quella modalità che più si attaglia alla natura e al magma di pensieri che intende esprimere, oltre che alla necessità di farli nascere quanto prima possibile sulla carta. L'autore ha pensato di scegliere questo modo e, in molte pagine, l'effetto è veramente sorprendente, come pure sorprende l'uso frequente dell'anafora in funzione espressiva. Ma la sorpresa più grande che si apre agli occhi del lettore è l'impressionante attualità delle tematiche e dei contenuti espressi. Cosa non facile, a pensarci bene. È più agevole raccontare cose accadute in tempi lontani, la cui verificabilità può non richiedere un particolare rigore. Ma di fronte al quotidiano è più difficile mantenere il confronto e il distacco, scandire gli attimi, fissare i ruoli. E, invece, i personaggi dei Racconti in punta di cravatta sono persone vive che incontriamo tutti giorni, con i problemi descritti e le personalità illustrate. I personaggi, infatti, tracimano dagli argini letterari per diventare tipi di vita. Prof. Giovanni Di Noi
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