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Recensioni Quell'andarsene nel buio dei cortili

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In questo suo nuovo libro De Angelis, tra le voci più decisive e accreditate della nostra poesia degli ultimi decenni, prosegue in modo coerente la sua meditazione lirica, praticando più strade, muovendosi lungo diverse linee tematiche, ma sempre entro i confini di una zona compressa tra effimero della presenza e tragica imminenza del vuoto e del non esserci. Nelle sue «sillabe / mescolate all'asfalto », i momenti di quiete e sospensione, di «respiro aperto», non sono irrilevanti, ma appaiono piuttosto come il provvisorio e minimo interrompersi di un assedio nel buio, dove «tutto / è consegnato / all'evidenza della fine». Così, le parole della poesia sono sillabe incise «nello spavento delle strade», sono gesti di resistenza e turbato amore che riescono molto spesso, nella loro asciutta essenzialità sinistra, a porsi come cifre sapienziali, nelle quali De Angelis rivela una modalità inedita nell'esprimersi inconfondibile del suo pensiero poetico, nella nudità delle sue forme, che già sono state esemplari per molti poeti delle nuove generazioni. Quell'andarsene nel buio dei cortili conserva nei suoi testi la compattezza catafratta e la superficie ambigua, cangiante che la poesia di questo autore ha spesso prediletto. Eppure sa aprirsi anche in momenti di imprevista lievità, come nelle canzoncine finali, o accennare al desiderio di un fiato più sciolto, come quando, nel grigiore pervasivo del «grande paese di Milano», si libera nel dire: «Il pomeriggio ci portò suburbani in un canto». Ma il grande fascino coinvolgente della poesia di De Angelis sa confermarsi nella dirompente energia che lo ha sempre guidato, quando si apre d'improvviso, mirabilmente, nella viva potenza di squarci visionari «Si spalancò la porta furente, uscì / il drappello dei solitari / [...] una cacciatrice / spezza i rami sul granito, riduce il sangue / delle frasi in gocce dure, / con il seno offerto al vuoto...» )
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