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E se ribaltassimo il punto di vista? Se gli insegnanti sopraffatti dalla fatica di governare classi indiavolate, genitori schierati perlopiù unilateralmente a difendere le loro creature, bilanci familiari alle prese con stipendi da fame riscoprissero l'orgoglio del loro lavoro, insostituibile nel promuovere e accompagnare lo sviluppo psichico degli allievi? Giorgio Blandino, docente di psicologia dinamica all'Università di Torino, forte di una vasta esperienza di incontri e discussioni con gli insegnanti, prova a suggerire un cambio di prospettiva. Non ignora il fatto che chi insegna spesso non ne può più, ma pensa che lo sviluppo di strumenti che consentano l'assunzione consapevole della responsabilità emotiva in questo speciale lavoro possa arginare il bisogno di difendersi da vissuti di impotenza, paura e colpa, e fare invece un po' di spazio ad aspetti piacevoli e vitali che il contatto con i ragazzi porta con sé. La relazione tra insegnanti e allievi è satura di emozioni, seconda solo a quella familiare come durata nel tempo, come intensità e come peso nel determinare lo sviluppo degli allievi. Se le emozioni che circolano vengono riconosciute e accolte, promuovono crescita cognitiva e affettiva, una fonte di ricchezza per tutti, ma se schiacciate possono diventare esplosive o mortifere. L'autore non ha ovviamente ricette miracolose per affrontare le infinite criticità quotidiane, ma solo "proposte di osservazione delle dinamiche insegnante allievo per come si danno nelle loro molteplici sfaccettature", convinto che la pratica di estendere la consapevolezza ai molti aspetti di quello che accade e ai diversi affetti implicati possa offrire maggiore spazio e flessibilità mentali per attraversare il caos senza esserne sopraffatti. Un trucco forse c'è, ed è di considerare l'evento critico non solo come effetto di errore o di malattia, qualcosa che in un mondo ideale non ci dovrebbe essere, ma anche come componente inevitabile del bagaglio umano. Del resto, l'autore riferisce che Marta Harris, una psicoanalista inglese assai esperta di gruppi e di adolescenti, scrisse della necessità che il terapeuta tolleri di sentirsi piccolo e al buio come spesso si sentono i bambini e i ragazzi. Blandino suggerisce di ricordare che questa è la condizione umana che ci accomuna tutti. Anna Viacava
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