Chi volesse riassumere in due parole la trama si troverebbe certo in imbarazzo: il nucleo è infatti una storiaccia passionale, che rimanda ai modelli del romanzo tardo-romantico replicati in tutte le possibili varianti dal romanzo d’appendice. Abbiamo un perfetto esemplare di femme fatale: slava, bellissima, tormentata e crudele, la solita donna “più tigre della tigre”, il cui fascino funesto causa la morte di due uomini, il giovane artista ingenuo e romantico, che si è ucciso dopo che lei l’ha tradito, e l’aristocratico elegante, che per amore di lei perde salute e dignità, e non troverà altra soluzione che ucciderla e uccidersi in maniera cruenta e spettacolare. Eppure chi riassumesse in questi termini i “Quaderni” non renderebbe affatto giustizia al romanzo, un romanzo intellettuale, filosofico, ironico, allegorico, una “farsa trascendentale” o “tragedia del moderno” – sono solo alcune delle etichette utilizzate dalla critica per descriverlo. Il punto è che quella “fabula” è assunta come una materia romanzesca da rielaborare in una direzione completamente diversa: in altre parole, Pirandello ci racconta una storia, e contemporaneamente sviluppa una riflessione sulle possibilità della scrittura narrativa, conducendo a compimento la dissoluzione dei modelli romanzeschi tradizionali. )
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