«Il ruolo dell'arte e della cultura è sempre più cardine e carico di responsabilità. È un motore per poter ripristinare il giusto equilibrio tra tempo e spazio. Venisse a mancare cadrebbero i presupposti dell'autodeterminazione. L'obiettivo a cui ambire ora è quello di far sentire il peso della propria sovranità, e tenere alta l'attenzione del pensiero critico. Sentiamo sempre più decisa l'esigenza di lasciare da parte personalismi, autoincensamenti, provocazioni arbitrarie ma, diversamente e con serietà, cercare di dar vita e visibilità a quell'arte capace di guardare il mondo su più piani e direzioni, aiutandoci affondando le mani a scavare nella contemporaneità. Per questa mostra abbiamo cercato l'arte che si pone sui limiti per immettere nuove prospettive immaginando uno spazio fisico e mentale che già abbia in sé ii superamento di se stesso. Uno spazio molteplice dove il tutto sia un intreccio di dettagli. Dove le opere siano domande e risposte che si incontrano tra loro. Push the Limits è un disegno poliedrico, è un progetto corale, vi si può scrivere una molteplicità di preamboli e conclusioni scorgendoli in ogni dove. È una narrazione giocata su un doppio binario, quello individuale e quello di un insieme con sovrapposizioni, rimandi, il concetto espositivo vuol essere superato anche tramite la suggerita partecipazione del visitatore. È una mostra che respira, ogni opera si alimenta dell'aria emanata dalle altre. Push the Limits è un crescendo d'immagini e di rimandi, è una partitura di parole, di gesti, di suoni... urlati o sussurrati. Sono l'arte del sognare in Shirin Neshat e in Fiona Tan, le pungenti inquietudini di Sophie Calle e di Mona Hatoum; sono le parole delle opere di Barbara Kruger, Rosa Barba, Shilpa Gupta, Emily Jacir e di Sue Williamson che si incrociano con la Storia in quelle di Carrie Mae Weems, Bouchra Khalili, Jenny Holzer; è la brama costruttiva di Maria Papadimitriou e di Chiharu Shiota a confronto con l'ordine e il disordine di Katharina Grosse, di Cinthia Marcelle e di Pamela Rosenkranz. E infine è l'ostinazione silenziosa, determinata e insofferente a ruoli e sistemi di Marisa Merz che di questo progetto è l'ospite. È una polifonia di segni ed esperienze la cui immaginazione ci parla della capacità di far transitare sulle soglie del pensiero tutte quelle realtà che sono "oltre".» (Beatrice Merz)
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