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[...] Rugarli riesce a narrare con tratto leggero anche pagine dal contenuto lugubre, illuminando i passi dei mostri, e quelli dei lettori che li rincorrono, con luminosa verve ironica, facendo parlare spesso i protagonisti in prima persona per dare una lettura immediata dei loro animi e per gettare una vista d’insieme su ciò che accade nelle loro menti e come la quotidianità li trasformi in eccezioni, in sacche di male da estirpare dalla società della quale loro si sentono invece alfieri. Nei nove racconti l’autore incanta il lettore parlando di temi abbastanza grevi, quali coprofagia, incesto, esibizionismo, matricidio, patricidio ed omicidi vari strappando ad ogni pagina sorrisi divertiti al lettore e dispiegando tutto il suo immaginario tipico, fatto di lune che sorgono sghembe, piogge torrenziali, città insensibili e malinconiche, ma soprattutto, come sempre, Rugarli usa la lingua italiana in modo encomiabile, cesellando periodi con assoluta maestria, facendo scivolare accanto ad un linguaggio moderno un fraseggio che riecheggia i più grandi narratori italiani degli ultimi due secoli. “Il punto di vista del mostro” è costruito con mano felice, nel suo inanellare storie dalla comune radice, l’autore, riesce a far fiorire ciascuna storia in colori e profumi assolutamente inattesi ed originali rispetto alle altre. Al termine della lettura giunge anche la soluzione, una sorta di spiegazione a tanta mostruosità ed abiezione, perché il mostro è tale, perché, per esempio, uccide due vecchiette all’anno, da dodici anni? Forse – semplicemente – “perché gli piace”, ed in questo il gusto del bello ha la sua parte, accanto ad ogni corpo esecutato ci vuole un cartiglio con una poesia del Pascoli. Macabramente, al termine della lettura, il lettore spera che almeno in tutte le nefandezze cui assistiamo ogni giorno, non si rinunci all’ideale del bello, e si immagina il ghigno mefistofelico di Rugarli che anche questa volta, alla fine di un suo libro, lascia ampio spazio alla riflessione [...]
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