La psicologia penitenziaria nasce e si sviluppa a partire dalla seconda metà degli anni '70, in corrispondenza della riforma dell'ordinamento penitenziario italiano (legge 354/1975) che, attraverso l'art. 80, rappresenta il sostegno normativo all'introduzione della figura dello psicologo penitenziario negli istituti di prevenzione e di pena. Questo settore della psicologia si occupa degli aspetti teorici e applicativi che interessano la fase di accoglienza e di esecuzione della pena negli istituti penitenziari, anche nelle connessioni con i contesti esterni al carcere. L'attenzione è rivolta alle condizioni di limitazione della libertà personale di adulti e minori, delineando anche compiti e funzioni dei professionisti che in tali contesti lavorano. Con l'obiettivo di sistematizzare la conoscenza maturata negli ultimi decenni, questo libro rappresenta il contributo di operatori ed esperti del settore che hanno lavorato al fine di costituire una prassi che fosse riconosciuta e riconoscibile. Il testo prende avvio da un capitolo che delinea presupposti ed elementi indispensabili alla contestualizzazione dell'operato psicologico entro il sistema della pena. È poi suddiviso in tre parti. La prima parte è dedicata al lavoro con i minorenni e vengono descritti i fattori di rischio e protezione che ne influenzano l'adattamento sociale e lo sviluppo di comportamenti devianti. La seconda parte si concentra sui soggetti adulti, con particolare attenzione alle azioni di assessment e trattamento. La terza parte è dedicata ai professionisti che operano entro i contesti dell'esecuzione penale, concentrandosi sulla figura dello psicologo penitenziario. Grazie a questa suddivisione il libro si rivolge sia agli studenti che ambiscono a lavorare nei contesti penitenziari sia agli operatori del settore, per un approfondimento e una sistematizzazione di conoscenze e prassi consolidate.
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