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scheda di Battaggia, P., L'Indice 1992, n. 7
Questo libro si distingue, nel titolo e nel contenuto, dalle non poche opere di psichiatria psicoanalitica apparse in passato. In decenni di pratica e di ricerca Freeman, psicoanalista che ha dedicato una parte importante della propria attività al lavoro in istituzioni psichiatriche, si è dimostrato capace di riconoscere e rispettare i confini fra gli ambiti metodologici delle sue discipline. Nella psichiatria psicoanalitica o psicodinamica, impostasi soprattutto negli Stati Uniti, la psichiatria è stata troppo sovente considerata come campo di applicazione, e anche di conquista, della psicoanalisi, ed il cospicuo proliferare di teorie e tecniche di derivazione psicoanalitica non è stato sempre accompagnato da una adeguata attenzione per il contemporaneo sviluppo delle conoscenze psichiatriche. Nel lavoro di Freeman il confronto fra psicoanalisi e psichiatria segue di pari passo le esperienze e le acquisizioni accumulate da ambedue le parti. Concetti psicoanalitici fondamentali per la comprensione di fenomeni psicotici come identificazione, proiezione e, successivamente, identificazione proiettiva riconoscono fin dalle loro origini una comune base clinica con le concezioni, già presenti nella psichiatria del tempo, di transitivismo e appersonazione. Giungendo ai tempi nostri, il confronto con le attuali conoscenze neurofisiologiche, neurobiologiche, psicofarmacologiche, epidemiologiche aiuta lo psicoanalista a definire con maggior precisione limiti e condizioni per l'uso dei propri modelli di comprensione e di intervento. Si riesce così a individuare una reale possibilità di cooperazione scientifica e terapeutica, evitando tentazioni egemoniche e dicotomie. Freeman dimostra come lo psicoanalista possa formulare osservazioni utili ed interessanti anche in campi abitualmente considerati al di fuori della sua portata, come gli stati mentali organici. I capitoli dedicati agli stati paranoidi e alle psicosi schizofreniche sono frutto di un'esperienza più che trentennale e si prestano ad un confronto con un precedente contributo dello stesso autore risalente al 1958 ("Schizofrenici cronici", scritto in collaborazione con Cameron e McGhie, edito in Italia da Boringhieri nel 1972). Sono degne di particolare attenzione le penetranti osservazioni su nosografia e decorso di tali stati morbosi e sul contenuto dei deliri. L'interesse che suscita l'approccio di Freeman induce a persistere nella lettura di pagine talvolta difficili per la densità e varietà dei contenuti tecnici e l'esposizione molto sintetica, ricca comunque di puntuali riferimenti bibliografici.
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