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Il volume è diviso in due parti: al saggio è aggiunta un'appendice ricca di documenti, che vanno dalle disposizioni del governo Badoglio in materia di stampa all'elenco degli opuscoli degli uffici di propaganda della Rsi. Il campo d'indagine, specie l'ultimo, è sostanzialmente inesplorato, perché solo da alcuni anni la storiografia italiana sta procedendo al censimento della ricca pubblicistica della Rsi. È lo stesso autore, del resto, a rilevare che, a fronte di un mai tramontato interesse per la stampa nel regime, molto scarso è stato quello per la Rsi, e inesistente l'interesse per le posizioni del governo Badoglio. Una volpe della politica come Badoglio ispira la sua linea in materia di stampa all'obiettivo di evitare che i giornali divengano casse di risonanza, se non organi, di precise richieste politiche. Da qui la scelta di mantenere intatta la struttura del ministero della Cultura popolare, con la pratica delle "veline" ecc. D'altro canto, se proprio i giornali dovevano avere una linea politica, questa sarebbe stata quella della pacificazione nazionale. Insomma, Badoglio oscillava fra l'ipotesi irrealistica di una stampa senza opinione pubblica e la sottovalutazione, altrettanto irrealistica, della consapevolezza diffusa in tutta la nazione che con il 25 luglio era crollato un regime totalitario.
Quanto alla Rsi, il problema dell'informazione rimase sempre al centro dell'attenzione della classe dirigente della Repubblica, non foss'altro perché, per un verso, si trattava di ritagliarsi uno spazio rapidamente occupato dai vari uffici di propaganda tedesca operanti in Italia; per l'altro, si trattava di abolire le disposizioni badogliane. Non è un caso, infatti, che uno dei primi provvedimenti mussoliniani fu quello di fare licenziare il direttore dell'Agenzia Stefani, succeduto al suicida Morgagni dopo il 25 luglio. Quello della Rsi fu un periodo caratterizzato da una propaganda cartacea molto diffusa, con l'introduzione di qualche novità rispetto alla precedente politica del regime verso la stampa, dall'abolizione della censura preventiva, nel dicembre 1943, ripristinata però alla fine del maggio 1944, alla creazione della figura dei "delegati alle prefetture", cui era assegnato il compito di vigilare sulla stampa locale. Ma forse il problema politico fondamentale della Rsi in materia di stampa fu quello della difficoltà di controllare dal centro quanto veniva pubblicato nel territorio. Questa difficoltà di controllo era certamente provocata "dall'eccezionalità della situazione nella quale si trovò ad operare l'insieme degli organi di controllo della propaganda". Giustamente Rainero osserva che nella Rsi ci si trova spesso in presenza di una stampa "polemica, vivace, anticonformista", provocata da un'incerta caratterizzazione politica del Partito fascista repubblicano e dallo stato. In effetti, ad alimentare queste difficoltà paiono avere contribuito anche i conflitti politici delle molte anime che contrassegnarono il fascismo del crepuscolo, con una prevalenza, crediamo, dei settori più radicali, che negli ultimi anni del regime erano stati costretti a mediazioni faticose, oppure erano incappati nell'ostilità delle gerarchie e dei conflitti politici e personali fra i vari gerarchi. Francesco Germinario
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