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Sbaglia chi, leggendo il titolo, pensi a un romanzo immerso in sfuggenti atmosfere esotiche, dove il richiamo alle spezie, così caro all'Occidente, stempera la necessità di una vera trama. Il profumo della cannella è una storia forte, dura. Si svolge nella Damasco di oggi, tra il quartiere di Muhajireen, con le sue ricche residenze borghesi, e al-Raml, con le sue baracche di lamiera. Due mondi che si toccano nell'incontro tra la signora Hanan e Alya, che le viene venduta come serva. E diventa la sua amante: un gioco di potere più che di amore, che sfocia in un totale rovesciamento dei ruoli. A letto Alya è sovrana, Hanan si sottomette. Il sesso è mezzo di affermazione di sé, illusione di conquista di un'umanità negata. Alya vuole sentirsi un essere umano, ma riesce solo a sentirsi un uomo. Riproduce, da una posizione dominante, gli schemi subiti in condizione di inferiorità. Non c'è rinascita ma rivalsa. Come per le donne ritratte da un'altra scrittrice, la libanese Iman Humaydan, sullo sfondo della guerra del Libano (1970-1995), che vedono crescere a dismisura il potere degli uomini finché si ritrovano regine per un istante: di fronte a un guerrigliero disarmato, legato al letto perché ha perso a carte. E giocano alla tortura, perché confessi come faceva quando a torturare era lui. Certo, si tratta di una situazione estrema, ben lontana dalla Damasco di oggi. Ma il merito di Samar Yazbek è proprio questo: aver messo in luce, attraverso una sfera in apparenza soltanto intima come quella sessuale, la violenza di una società nelle sue dinamiche di segregazione tra ricchi e poveri, uomini e donne, e la rabbia che cova sotto e, anche quando rovescia, non redime.
Elena Chiti
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