L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
La storia del maturo uomo di successo che perde la testa per una ragazza è un argomento cui è difficile essere indifferenti. Forse perché sappiamo che «l’animo umano può caricarsi di esplosive tensioni e precipitare inconsapevolmente verso il momento in cui eromperà». Ce ne ha parlato, con risvolti tra il grottesco e il drammatico, Vladimir Nabokov nel suo romanzo Lolita. Eppure, quando consideriamo i grandi personaggi, a volte dimentichiamo che dietro a ciò che li rende famosi sono uomini e donne in carne e ossa come noi. Con le loro debolezze e i loro compromessi. Quando conobbe Marianna Paris, Alessandro Volta aveva ormai 44 anni. Lui era un fisico famoso ma soprattutto era uno scapolo ambito, che fino a quel momento aveva rifuggito ogni legame definitivo. Lei, invece, era una cantante e a quell’epoca chi faceva questa professione era considerata una donna di facili costumi, e il divismo della lirica ottocentesca era ben là da venire. Marianna non era bellissima ma aveva fascino, e tra i due fu amore a prima vista: scoccato come le scintille che nei laboratori – ma anche dei salotti – sprigionavano le macchine costruite per studiare la nuova scienza dell’elettricità. Inutile dire che i loro propositi di matrimonio misero in allarme molte persone e la faccenda raggiunse ben preso le dimensioni di un affare di stato. L’epilogo era quasi inevitabile, con il povero Alessandro rientrato nei ranghi, imprigionato in un matrimonio senza amore con un’altra, che si tuffa nei suoi esperimenti di fisica destinati a farlo diventare ancora più famoso, e Marianna che svanisce nel nulla. Mazzarello, che insegna storia della medicina all’Università di Pavia, combina il rigore dello storico con uno stile narrativo scorrevole e di piacevole lettura. Il suo libro può essere letto come una dimostrazione che l’età non spegne le passioni neppure in una società rigida come quella dell’aristocrazia italiana di fine Settecento, ma anche come un vivido affresco di un momento magica per la scienza pavese.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Paolo Mazzarello ci riprova e dà alle stampe per Bollati Boringhieri il suo quarto volume. Docente di storia della medicina a Pavia, Mazzarello ha già curiosato tra i busti che affollano il museo di quella università, nota per essere una delle più antiche istituzioni accademiche italiane, dunque europee, dunque planetarie. Qualcuno ricorderà la ricognizione condotta tra intrighi e congiure accademiche, tessute alle spalle di Lazzaro Spallanzani, allorché questi trascorse un anno sabbatico nell'impero ottomano; altri ricorderanno l'incontro nervoso e scintillante tra Lombroso e Tolstoi, in occasione di un congresso moscovita; altri ancora avranno presente la celebrazione del primo Nobel italiano per la medicina, Camillo Golgi. Ora Mazzarello dedica la sua attenzione a un altro pezzo da novanta dell'ateneo sorto in riva al Ticino, Alessandro Volta. Questa volta, però, lo scorcio biografico presenta una dimensione psicologica di non poco conto, che, pur restando sullo sfondo, si rivela come la vera struttura portante della vicenda, che viene configurandosi tra precisione della ricostruzione storica e fantasia del romanziere. E, come in ogni romanzo, è l'amore a tenere banco.
Alessandro Volta fu chiamato ancora giovanissimo a Pavia, per insegnarvi fisica. Si era sul finire del 1700, poco prima che Rivoluzione francese da un lato e Congresso di Vienna dall'altro assestassero due potenti scrolloni al nostro antico continente. Volta era un uomo di scienza apprezzato in tutto il mondo, viaggiatore curioso e signore incontrastato dei salotti pavesi, dove signore scollate e indaffarati cicisbei si radunavano frequentemente. Alla maturità scientifica del ricercatore, però, non faceva riscontro un'analoga maturità sentimentale e affettiva: a quarantaquattro anni suonati, Volta passava di fiore in fiore, corteggiando e lasciandosi corteggiare, senza essersi mai sentito "al sicuro" nel rapporto con una donna. Finché, assistendo alla messa in scena di un'opera lirica di Paisiello, Il barbiere di Siviglia, venne colpito dallo strale di Cupido. La soprano protagonista rispondeva al nome di Marianna Paris e non sembra avere lasciato particolare traccia negli archivi musicali. D'altronde, non esistendo ancora tecniche di registrazione del suono, possiamo solo confidare nel giudizio degli astanti e leggere quanto di lei scriveva il professore innamorato. Occorre precisare, però, che, sul finire del XVIII secolo, la professione di cantante lirica era ritenuta assolutamente disdicevole. L'amore divampante tra i due fece per questo scandalo nel piccolo mondo pavese, che emerge dal racconto come una miniatura. I colleghi universitari, le nobildonne, i familiari di Volta, soprattutto l'ambizioso fratello arcidiacono, che aspirava a divenire vescovo, osteggiarono con ogni mezzo questa passione, chiamando in causa persino l'autorità austriaca.
Per raffreddare i calori ormonali di Volta furono proposte diverse opzioni matrimoniali e il perfido Mazzarello inserisce nel suo libro il ritratto della prescelta, la quale non aveva come dire? nell'immagine le sue migliori credenziali. Eppure Volta fu costretto, suo malgrado, a fare buon viso a cattiva sorte e accettò che un matrimonio così combinato mettesse fine al suo amore e tacitasse gli animi dei suoi concittadini.
Fin qui quello che Mazzarello, con finezza e humour, recupera dai documenti storici. Da questo punto, però, è possibile abbozzare un percorso psicologico piuttosto intrigante. La tensione, se ci è lecita la metafora elettrica, accumulata dal povero fisico era, verosimilmente, enorme. Controllato a vista nell'adottiva cittadina di provincia, Volta, non poté che deviare il corso del fiume in piena, reindirizzando la sua passione sugli esperimenti elettrici. Così, approfittando della geniale intuizione di un collega bolognese, Luigi Galvani, che aveva ottenuto contrazioni muscolari nella rana morta grazie a una scarica elettrica, si immerse in un nuovo campo di ricerca. Nel giro di poco tempo, Volta riuscì a ripetere gli esperimenti di Galvani, controbattendo però l'ipotesi di questi, e a prendere coscienza del fatto che la giustapposizione di due metalli differenti (come il rame e lo zinco) generava una corrente elettrica. Non di energia rimasta immagazzinata in un corpo morto si trattava, bensì della possibilità di generare una corrente elettrica partendo dalle proprietà del metallo. Il testo lascia intendere, tra le righe, che questa vicenda elettrica molto aveva in comune con la parallela vicenda passionale di Volta. Soltanto un secolo dopo, Sigmund Freud avrebbe parlato a riguardo di casi analoghi dello straordinario potere della sublimazione.
Alessandro Volta (i cui strumenti originali sono conservati a Pavia) mise così a punto l'antesignana della batteria, minuscolo oggetto che tiene in vita tutto quello che oggi ci mantiene orientati nel tempo (orologi), nello spazio (navigatori satellitari) e, spesso, in relazione con gli altri (cellulari e altri media). Insomma, se questa storia ha un lieto fine, non riguarda certo la musica e l'amore, ma è loro, in qualche misura, debitore.
Pierluigi Politi
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore