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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
(…) Un’antologia sul calcio di 15 scrittori africani che rivela una ricchezza e varietà di storie che sfuggono a ogni facile, magari un po’ eurocentrica, aspettativa. Certo, c’è chi riprende modelli un po’ triti, come Mike Nicol nella storia di gangster sudafricani in stile Tarantino. Ma buona parte dei racconti è contraddistinta da una visione molto particolare. I paralleli tra calcio e malapolitica abbondano: il curatore Mabanckou racconta di un brocco che non solo non può andare in panchina perché nipote del sindaco, ma finisce addirittura in nazionale; svenuto per uno scontro di gioco, riprende i sensi dichiarando di chiamarsi Edson Arantes do Nascimento, cioè Pelé. Uno scenario ricorrente è quello del campetto anonimo e improvvisato, quando non disastrato. Lucy Mushita descrive come la squadra di un villaggio dello Zimbabwe riesca rocambolescamente a procurarsi delle scarpe da gioco grazie a determinazione, sacrifici e pianificazione collettiva, non senza momenti d’involontaria comicità. Una simile atmosfera tragicomica si ritrova in un villaggio del Benin raccontato da Florent Couao-Zotti, dove una ragazzina porta il suo talento, ma anche un po’ di scompiglio, in una squadretta di maschi. Helon Habila narra di un giornalista sportivo nauseato dagli squadroni europei (…). Un personaggio che sbarca il lunario all’estero grazie al proprio talento è narrato da Yahia Belaskri; rifugiato di guerra e cannoniere di una squadra algerina, dopo aver sbagliato alcuni gol subisce tragicamente tutto il razzismo dei propri tifosi (…).
Il calcio come catalizzatore del lato peggiore degli umani non si mostra solo nel branco: Noo Saro-Wiwa mette in scena i ridicoli infantilismi di una famiglia di afro-britannici dove il bimbo più piccolo è conteso tra i parenti maschi dell’Arsenal e quelli del Tottenham. La perla del volume è di Abdourahman A. Waberi (Gibuti), che tratteggia liricamente l’atmosfera di una cittadina sul Mar Rosso, in trepida attesa di una finale di Coppa d’Africa.
Immagini quotidiane come le carcasse dei macellai si alternano alle rivalità commerciali scatenate dalle grandi multinazionali: “Dovremo smascherare gli uomini di paglia e i prestanome che prediligono le licenze straniere (...). E a noi cosa resta? Fare soldi con la carne marcia, impugnare un kalashnikov e andare dietro a tutte le sottane che passano per strada? Far bisboccia insieme?” Alla fine resta, appunto, il pallone: “Mi unisco alla folla. Guarda un po’, pare che la partita sia cominciata”.
Recensione di Pietro Deandrea
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