Può un uomo solo entrare da protagonista in trent'anni di vicende criminali di un Paese, modificando il proprio ruolo e i propri referenti in modo da trovarsi sempre al posto giusto nel momento giusto? Paolo Bellini è stato questo: una varietà di maschere usate per inserirsi e uscire da molti fra i capitoli più ambigui della vita italiana. Conosciuto come la primula nera, il killer reggiano è riuscito a eludere a lungo l'attenzione del grande pubblico. È sfuggito alla cattura innumerevoli volte, e le cronache nazionali non sono mai riuscite a inquadrarlo sino in fondo. Fra il 1970 e il 1999, Bellini è stato esponente di Avanguardia nazionale e latitante sotto falso nome in Brasile, pilota di aerei e ladro di mobili d'arte, indagato per la strage alla stazione di Bologna e amico di giudici. Ha trattato con la mafia per conto dello Stato con un ruolo controverso, nei mesi in cui a Palermo morivano Falcone e Borsellino. Nel 1999 è stato arrestato, ammettendo più di dieci omicidi compiuti a sangue freddo, nel momento di massima violenza di una guerra di 'ndrangheta, in corso fra l'Emilia Romagna e la Calabria. Scegliendo di pentirsi, Bellini ha confessato anche un delitto politico di oltre trent'anni fa: l'uccisione del militante di Lotta continua Alceste Campanile. Il libro racconta come un estremista di destra sia riuscito ad agire in libertà per un trentennio, sino a diventare un protagonista di quattro diversi cruciali momenti di crisi democratica del nostro Paese.)
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