L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 2008
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Prima di sparire de Covacich è un romanzo celebrale. È il racconto di una storia reale o pseudoreale infilata dentro un abbozzo di romanzo, con l'idea che le due storie si completino a vicenda. È un genere narrativo inusuale basato su quello che l'autore definisce, all'interno del romanzo, nuova arte: la vita vera che diventa inventata, la vita vera che, raccontata, perde i suoi reali connotati perché il racconto ne ha selezionato solo parti, rendendo quel resoconto di vita solo una finzione, un'opera d'arte. E quest'opera d'arte parla di abbandono, della strana, ma molto comune possibilità di amare contemporaneamente due persone delle quali non si può fare a meno, parla di separazioni che generano perdita, senso di frustrazione , di smarrimento, bisogno di conferma e contemporaneamente di nuove esperienze. È la storia di un'anima che mette a nudo le sue contraddizioni. Con uno stile asciutto,secco, a volte poco lineare Covacich ritrae la generazione dei quarantenni di oggi, schiacciati fra la rassicurante tenerezza del mondo già vissuto ed esperito e lo slancio di volare lontano per provare nuove esperienze. Il finale è aperto, almeno lo è per me che non sono ancora riuscita a comprenderne il significato; si conclude con il racconto di una separazione vissuta da uno dei protagonisti quando era bambino, e ricorda come quell'addio sia stato sereno, semplice, privo di traumatici postumi. Forse il messaggio dell'autore è che bisognerebbe vivere come i bambini, senza il peso della memoria, del senso di responsabilità, dell'obbligo per i doveri morali (cosa che chiaramente non è riuscita a lui) vivere la vita con più leggerezza, che, come diceva Calvino, non è superficialità. Caterina Brigati
...ho letto, per cuirosità, le altre recensioni...molti lamentano e condannano la mancanza di una trama...boh, mi sembra critica insensata, perchè la trama c'è, anche se a volte sfocata o immobile... come del resto accade nella vita...un libro bello, che racconta la vita vera, quella che succede,anche se non l'hai immaginata per te, non l'hai cercata nè voluta.. Ninete di più lontano dal banale triangolo, si racconta invece la dualità, l'uncapacità di moversi sul tracciato che vorremmo per noi. Bello
Mi ha ricordato un romanzo d'appendice di vetuste riviste femminili...e, inoltre, prima lo scrittore/protagonista ha problemi economici per le uscite con l'amante, che aumentano il budget famigliare. Poi, tutto d'un tratto, si trasferisce nella città di lei lasciando tutto all'ex moglie, lui senza lavorare e la nuova compagna ha un lavoro precarissimo...sarei curiosa di sapere di che cosa vive. Ritorna, purtroppo implacabile, "l'umiliazione delle stelle", il maratoneta e quant'altro. Non lo riacquisterei.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Aspettavamo la chiusura di una trilogia, dopo A perdifiato e Fiona, e ci troviamo invece di fronte a una sorta di performance artistica: in gara dichiarata con Marina Abramovic, Sophie Calle e Joseph Beuys, che hanno cercato di fare della propria esistenza un'opera d'arte, lo scrittore getta in faccia al lettore in modo violento ma mai urtante e con la pretesa di raccontare una verità un pezzo della sua vita. "Tutto vero", sembra dirci a ogni passo, quasi un controcanto a quel "tutto è finzione" sotteso al racconto di Fiona. E il "tutto vero" è ribadito anche dall'avvertenza in fondo al libro: "Questo libro l'ho scritto di nascosto. Non avevo scelta, confessare agli altri quello che stavo facendo mi avrebbe impedito di farlo liberamente. Ecco la prima differenza tra persone e personaggi. Per rimediare mi ero imposto un limite temporale, che coincide con il dialogo riportato alla fine".
La vicenda è quella comune della fine di un matrimonio e dell'inizio di un nuovo amore. Processo denso di sofferenza che pure Covacich descrive da un punto di vista fenomenico, evitando l'analisi delle ragioni della fine e sottraendosi al vittimismo e alla logiche del fallimento. Da una parte una restauratrice dal corpo sottile, fatto di ossa e aria, e una casa comune in una città del Nord-est, dall'altra una donna dalle trecce rosse che sembra uscita da un cartone animato di Hanna e Barbera e lavora come giornalista a Roma. Oscillando fra questi due estremi e ascoltando se stesso, in bilico fra voglia di restare e ansia di fuga, Covacich non solo abbatte i luoghi comuni sul carattere anodino della separazione, vista spesso come lo snodo inevitabile di una generazione, ma si ritrae a figura intera, senza farsi sconti.
Entra così nel racconto la rappresentazione dello scrittore che va in biblioteca al mattino per avere un posto nel mondo e lotta con la composizione del terzo romanzo che ci aspettavamo: ne viene fuori solo un frammento, ma ricco e completo, in cui al maratoneta Dario Reinsich e a sua moglie Maura viene assegnato il compito di esprimere, in pagine molto dense, quella componente emotiva e sessuale che Covacich espunge dal suo resoconto privato. La vita di questi due personaggi (già noti al lettore dei precedenti romanzi) viene invasa e come travolta da quella dello scrittore. A loro tocca raccontare il tradimento come svelamento di una parte di sé, che emerge e corrode l'esistente, a dispetto di chi ama ancora. In questo modo Reinsich e sua moglie si trovano a proteggere, in quanto sue creature, il nucleo più intimo della vita dello scrittore, quella che lui vuole preservare e tenere per sé. La loro vicenda parallela è una sorta di proiezione più vera del vero in cui Covacich mette in campo le sue abilità di scrittura, mentre si affina l'insofferenza per chi fa della finzione la sua vita, ora per ora. Acuto, in questo senso, lo sguardo con cui lo scrittore considera dall'interno il mondo degli intellettuali e dello spettacolo, in cui pure gli tocca, con fatica, cercare uno spazio, lottando per la sopravvivenza: "Detesto essere d'accordo con questo tizio. Lui e il suo crocchio sono i miei peggiori nemici, gente che mi assomiglia in tutto ma solo per un enorme malinteso, gente che dimagrisce per occupare più spazio (
), tipi armati della propria sottigliezza, che si fortificano con i cibi senza zuccheri, senza grassi, senza glutine, senza colesterolo, tipi senza. Come possiamo condividere gli stessi gusti letterari?".
Accanto ai traslochi amorosi e agli impegni di un mestiere anomalo (le conferenze disertate dal pubblico, i contratti con i quotidiani che scadono senza preavviso, le trasmissioni televisive con recita a soggetto), in Prima di sparire troviamo molte altre cose: il ritratto di due città, di ambienti, di amici, della madre, della nonna centenaria aggrappata al filo della sua sopravvivenza. Lo scrittore dà al lettore l'accesso alla sua vita, in una direzione contraria a quella del "reality": non c'è la morbosità o il compiacimento ma una scelta estetica precisa, un processo raffinato di selezione e scrittura che fa pensare alle operazioni simili compiute da Walter Siti in Troppi paradisi o da Angelo Morino nell'ultimo romanzo, Rosso taranta in cui lo scrittore sentiva la necessità di chiudere con un'avvertenza che rompeva il patto classico con il lettore in virtù del quale "fatti e personaggi sono del tutto casuali". Più che "rinunciare alla compiutezza e alla rotondità del romanzo", come ha affermato Franco Brevini, Covacich gli conferisce una forma nuova, franta ma geometricamente composta: alla fine le scelte sono compiute, per tutti i personaggi del libro, e la vita ritrova i suoi equilibri precari, riassorbendo, o lasciando macerare, il senso di colpa e il dolore. Monica Bardi
Nel suo "eptalogo", un elenco delle sette regole d'oro per evitare di scrivere un brutto romanzo, Mauro Covacich spiegava, qualche tempo fa, che è inutile scrivere una storia che non sia stata vissuta, che nella scelta tra una pagina bianca e la vita fuori dal proprio studio è meglio la vita, perché è la vita che fa sorgere l'esigenza, la necessità della scrittura.
Dalla teoria alla pratica, a distanza di qualche anno, Covacich ci regala uno dei suoi migliori romanzi, sorto tra le pieghe del romanzo che insegue da anni e che stenta a venire fuori, al limite di un processo creativo che non vuole compiersi, mentre nel frattempo le esperienze della vita quotidiana lo assorbono e lo sconvolgono.
Il libro dei suoi sogni è quello dedicato ad un ex maratoneta che diventa uno dei più apprezzati performers del panorama dell'arte contemporanea. La storia di un uomo che dopo aver sperimentato il decadimento fisico dovuto allo sforzo di percorrere 42 chilometri e 195 metri, decide di rendere questo lento processo di perdita delle forze una performance artistica, da ripetere davanti al pubblico. Nell'attesa di riuscire a cogliere l'essenza del progetto dell'artista, Mauro passa le sue giornate a fissare la strada attraverso i vetri della sua finestra, con in mano un telefonino che non vuole squillare. Lei è Susanna, una giovane giornalista romana, lui è un uomo sposato, uno scrittore con un discreto successo e sua moglie, Anna, è una brillante restauratrice. Il classico triangolo, quindi, fatto di telefonate furtive, fughe a Roma con il pretesto dell'ennesima intervista televisiva, notti di passione e giorni pieni di sensi di colpa e di frustrazione.
Una giornalista e uno scrittore, un incontro obbligato nel mondo dell'editoria: lei pone le domande, lui parla del suo libro. Ma anche questa volta Mauro Covacich inserisce una situazione limite per descrivere il suo incontro con Susanna: una serata in discoteca in una notte a Torino, durante la Fiera del Libro. Una situazione grottesca in cui scrittori, giornalisti e altri personaggi fuori moda ballano nel modo sbagliato su delle note che non hanno mai sentito. Un'ambientazione irreale fa da cornice a un incontro che accende desideri e passioni incontrollabili.
Pochi mesi dopo Mauro si domanderà che fine abbia fatto quel bravo bambino che scriveva bigliettini colorati per la festa della mamma, che sognava un mondo fatto di parchi protetti per tutti gli animali. Non si riconosce, non riesce ad ammettere di custodire dentro di sé una parte immorale, un Minotauro, mezzo uomo e mezzo animale incapace di gestire i propri istinti. Scapperà da Susanna ogni volta che potrà, e ogni volta deciderà di lasciare Anna e di porre fine a quella farsa. Ma la farsa si ripete e si amplifica di giorno in giorno, alimentata da altre bugie, altri sensi di colpa e altre decisioni che Mauro non è in grado di prendere.
Doveva essere la cronaca del lento decadimento del corpo di un maratoneta, invece questo romanzo di Mauro Covacich non è altro che il racconto, vivo e vibrante, della caduta del suo spirito. Il lento abbandono di un uomo che si logora tra due donne, tra il bene e il male, tra l'imperativo morale da cui non si può prescindere e la passione istintiva da cui non si riesce a sfuggire. Scritto con l'abilità di chi è capace di trascinare il lettore nel baratro dei propri sentimenti, è un libro coraggioso e onesto, un romanzo che attesta la conquista, difficile e sofferta, della maturità dell'autore.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore