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Dall'attento studio di Marcello Saija su un periodo cruciale per l'Italia come il primo quarto del Novecento, emerge l'importanza strategica dei prefetti nel loro rappresentare, almeno in linea di principio, l'autorità statale in rapporto ai diversi orientamenti politici governativi da un lato e municipali dall'altro. Il cuore di questo lavoro è dato precisamente dall'analisi di tale dinamica e, se vi si incontrano anche corposi ragguagli sulla struttura e la composizione degli apparati ministeriali, l'attenzione è in genere rivolta essenzialmente alla burocrazia come organismo ora in grado di condizionare il funzionamento dello stato a ogni suo livello, ora destinato a essere, almeno in parte, vittima dei mutamenti politici. Sono in particolare presi in esame i contrasti verificatisi durante il "biennio rosso", per far luce sulle tensioni allora intercorse tra centro e periferia in relazione alle violenze fasciste come pure al caroviveri. Circa il periodo immediatamente successivo, nel documentare "significativi episodi di compromissione con il fascismo da parte degli organi periferici dello stato" a Milano e altrove, Saija ricorda che l'incarico di superprefetto dell'area emiliana affidato nel novembre 1921 a Cesare Mori non diede i frutti auspicati in quanto, a vanificarne l'impegno, si posero ben presto sia l'esiguità delle forze messe a disposizione dal ministero, sia le "palesi collusioni con gli squadristi" da parte di esercito e carabinieri. La "rivoluzione" fascista era ormai in dirittura d'arrivo.
Daniele Rocca
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