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La pratica del selvatico - Gary Snyder - copertina
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La pratica del selvatico - Gary Snyder - copertina

Descrizione


"Vivere in una cultura della wilderness è sempre stato un aspetto fondamentale dell'esperienza umana. Per centinaia di migliaia di anni non c'è stata wilderness senza qualche forma di presenza umana. La natura non è un posto da visitare, è casa nostra". "I nostri corpi sono selvatici. Il gesto involontario e veloce di girare la testa se sentiamo un grido, la vertigine se guardiamo in un precipizio, il cuore-in-gola nei momenti di pericolo, il riprendere fiato, i momenti tranquilli di quiete, quando ci rilassiamo e riflettiamo - sono tutte risposte universali di questo corpo mammifero. Si osservano in tutti i mammiferi. Il corpo non ha bisogno dell'intercessione di un intelletto conscio per respirare, per far battere il cuore. Per moltissime cose si regola da solo, ha una sua vita. Sensazione e percezione non vengono esattamente da fuori, e il continuo flusso di pensiero e immagini non è esattamente esterno. Il mondo è la nostra consapevolezza, e ci circonda. Ci sono più cose nella mente, nell'immaginazione, di quante "tu" ne possa controllare - pensieri, ricordi, immagini, rabbia, delizie, sorgono non chiamati. Le profondità della mente, l'inconscio, sono le nostre aree di wilderness interna, e questo è il posto dove la lince si trova in questo preciso momento. Non intendo linci personali all'interno di psiche personali, ma la lince che si muove di sogno in sogno. L'agenda pianificata dell'io conscio occupa un territorio molto esiguo, una celletta accanto al cancello interno della mente, e conserva qualche traccia di ciò che entra ed esce (e a volte fa progetti espansionistici) e il resto si arrangia da solo. Il corpo sta, per così dire, dentro la mente. Entrambi sono selvatici". "Le lezioni che impariamo dal mondo selvatico diventano il galateo della libertà. Possiamo godere della nostra umanità, del suo cervello favoloso e della sua sessualità vibrante, le sue ambizioni sociali e i suoi malumori ostinati, e considerarci né più né meno come gli altri esseri nel Grande Spartiacque. Possiamo accettare gli altri come esseri uguali a noi, che dormono a piedi nudi sulla stessa terra. Possiamo rinunciare alla speranza di diventare eterni e smettere di combattere la sporcizia. Possiamo tenere alla larga le zanzare e i parassiti senza odiarli. Senza aspettative, attenti e sufficienti, riconoscenti e premurosi, generosi e diretti. Calma e chiarezza ci appartengono nel momento in cui, tra un lavoro e l'altro, ci puliamo le mani dal grasso e guardiamo in alto le nuvole che passano. Un'altra gioia è prendere finalmente una tazza di caffè con un amico. Il mondo selvatico ci chiede di conoscere il terreno, di fare un cenno di saluto a tutti gli animali, a piante e uccelli, di attraversare i torrenti e salire sui crinali e di raccontare una bella storia quando ritorniamo a casa".
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Dettagli

2011
1 gennaio 2011
240 p.
9788861180109

Conosci l'autore

Gary Snyder

(San Francisco 1930) poeta statunitense. Laureatosi in antropologia, ha viaggiato a lungo in Oriente, particolarmente in Giappone, dove ha trascorso un periodo cruciale di studio e di meditazione in un monastero zen. La sua poesia, tra i prodotti più significativi della «beat generation», riflette la tensione fra cultura occidentale e cultura orientale. Lo studio appassionato del mondo dei pellirosse ha contribuito alla sua concezione magica del ruolo del poeta. Le sue predilezioni per l’haiku giapponese e la poesia oggettuale degli imagisti (? imagismo), insieme a una vigile interrogazione della natura, sono avvertibili nella sua prima raccolta di versi, Riprap (1959). In Miti e testi (Myths and texts, nt), dello stesso anno, S. cerca di risalire dalla rappresentazione del puro processo naturale...

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