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Con il suo "Le porte aperte della Vita", Luciana D'Aleo, attraverso quelle "porte" ci conduce in un ambiente di contrastanti sentimenti umani segnati da condizionanti sovrastrutture etiche e morali. I personaggi protagonisti sono la rappresentazione di un'umanità di un altro tempo, quella che le generazioni odierne definiscono generazione "boomer", ma che continua a ritrovarsi specularmente in quella dei nostri giorni. Ogni capitolo crea una tale tensione narrativa che non si riesce a staccarsi dalle vicende di Michela, del suo amore distonico nei confronti dell'amante Guido, a mio giudizio persona anaffettiva, dei conflitti interiori etico cattolici di Roberta in preda all'ansia per la figlia Camilla che si apre al mondo omosessuale. A lei fanno da "contraltare" i precetti familiari pregni di un'educazione clericale posta in crisi dai contraddittori comportamenti di alcuni esponenti affetti da pedofilia. Un romanzo che si fa leggere nel tempo di un'ora o due trascorse lontani dallo stress di spiagge affollate anche grazie a un linguaggio scorrevole e diretto degno di un buon trattamento cinematografico contemporaneo. Altrettanto degni di note alcuni passaggi letterari. Il primo contenuto nel capitolo 5 in cui si fa riferimento al terrore dell'invecchiamento femminile per cui tante donne age, forse troppe, ricorrono a mostruosi trattamenti chirurgici. L'altro è nel capitolo 17, un passo in cui Michela fa cenno al suo desiderio di felicità stimolato dalla primavera. In conclusione, consiglio di leggere questo romanzo che stimola anche ottimi spunti di riflessione sulla diversità di genere, sulla difficoltà nell'accettare i desideri e le necessità dell'altro, sulle nostre debolezze, sulle problematiche generiche attuali dei giovani e le nostre stesse vite che, neanche fossimo instancabili sub sempre più immersi nel mare dei social, stanno prendendo il largo nel mare del nulla allontanandosi dalla costa dove regna la propria realtà umana.
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