Le opere di Ernesto Laclau (un classico di quello che, nel jargon accademico, si chiama postmarxismo) sono state tradotte nel nostro paese con un ritardo consistente rispetto alle loro originali date di pubblicazione. Lentamente gli editori vanno accorgendosi del rilievo, o anche più semplicemente della circolazione, che le categorie forgiate dal filosofo argentino (ma da molti anni in Inghilterra) hanno avuto e hanno nel dibattito pubblico e nella conversazione accademica. Si sono potuti così finalmente leggere in italiano Egemonia e strategia socialista (scritto a quattro mani con Chantal Mouffe, il melangolo, 2011), il "trialogo" sui destini della sinistra (ma in realtà su molto altro: l'universalismo, il rapporto tra psicoanalisi e teoria politica, la differenza sessuale, la trasformazione radicale dell'esistente) con Slavoj iek e Judith Butler, e, complici i destini politici di casa nostra, La ragione populista (Laterza, 2008). Questa raccolta di saggi, cui si accompagna una lunga e articolata intervista dei curatori allo stesso Laclau, vale come un'introduzione ai nodi centrali della sua riflessione: si va dall'egemonia al populismo, dal significante-vuoto alla democrazia radicale. Un regesto, insomma, dei loci classici laclauiani, criticamente illustrato da brillanti e autorevoli filosofi e teorici politici italiani (da Sandro Chignola a Ida Dominijanni, da Geminello Preterossi a Sandro Mezzadra). Il vertice ottico da cui guardare a quel bizzarro impasto di lacanismo e gramscismo che alimenta la riflessione di Laclau è, in questo caso, il concetto di popolo e quello, correlato, di populismo. Sottratto alla sua dimensione "totalitaria", "plebiscitaria" o fatalmente "antipolitica", il populismo di Laclau intrattiene, al contrario, un rapporto cruciale con la democrazia; ne è anzi il motore, almeno quando si accetti di pensare quest'ultima come il teatro di quella inesausta lotta per l'egemonia in cui parti diverse e contrapposte si contendono lo spazio dell'universale e il "riempimento" di quel significante-vuoto che permette ogni dinamica sociale. Michele Spanò
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