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Utilizzando le testimonianze dei colleghi della Polizia, dei reporter, dei magistrati, degli amici e dei parenti. la figlia del Maresciallo Armando Spatafora ha ricostruito le gesta ed il carattere di un poliziotto che divenne un mito ed un protagonista della cronaca nera di Roma negli anni ’50, ’60 e ’70. Abilissimo autista, sin dagli anni dell’adolescenza, quando fu assunto nel Corpo di Polizia (all’epoca ancora militarizzato), dette prova di se in numerosissimi arresti di malviventi, dopo rocamboleschi inseguimenti a folle velocità per le strade della Capitale. Citato spesso nelle cronache del Messaggero, del Tempo, del Momento Sera – i quotidiani più venduti a Roma - diventò un mito ed un simbolo della Squadra Mobile romana. Quando il Questore gli fece assegnare la Ferrari 240 GTE, di colore nero, la mala romana comprese che era diventato impossibile seminare il Maresciallo Spatafora durante la fuga. Fu un poliziotto di pattuglia, un investigatore della Criminalpol, il capo della sicurezza all’aeroporto di Fiumicino, un severo istruttore delle reclute della Pubblica Sicurezza, ma anche un capo scorta per uomini politici.. \nEra un fisionomista eccezionale e sembrava in grado di riconoscere ogni malavitoso e ricercato. Si sentiva sempre in servizio ed effettuò arresti in ogni circostanza: sull’autobus, all’ospedale dove stava accompagnando la moglie, mentre faceva una pausa per un caffè con i colleghi, oppure durante una cena al ristorante. \nIl mito dello spericolato autista delle “pantere” della Polizia è sopravvissuto alla sua morte prematura, come la Ferrari 240 GTE targata Polizia 29444, tuttora esistente nel museo della PS
Utilizzando le testimonianze dei colleghi della Polizia, dei reporter, dei magistrati, degli amici e dei parenti. la figlia del Maresciallo Armando Spatafora ha ricostruito le gesta ed il carattere di un poliziotto che divenne un mito ed un protagonista della cronaca nera di Roma negli anni ’50, ’60 e ’70. Abilissimo autista, sin dagli anni dell’adolescenza, quando fu assunto nel Corpo di Polizia (all’epoca ancora militarizzato), dette prova di se in numerosissimi arresti di malviventi, dopo rocamboleschi inseguimenti a folle velocità per le strade della Capitale. Citato spesso nelle cronache del Messaggero, del Tempo, del Momento Sera – i quotidiani più venduti a Roma- diventò un mito ed un simbolo della Squadra Mobile romana. Quando il Questore gli fece assegnare la Ferrari 240 GTE, di colore nero, la mala romana comprese che era diventato impossibile seminare il Maresciallo Spatafora durante la fuga. Fu un poliziotto di pattuglia, un investigatore della Criminalpol, il capo della sicurezza all’aeroporto di Fiumicino, un severo istruttore delle reclute della Pubblica Sicurezza, ma anche un capo scorta per uomini politici. Un libro per non dimenticare un eroe della Polizia di Stato.
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