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scheda di De Fort, E., L'Indice 1994, n. 4
Oggetto di vivaci discussioni ai suoi tempi, la politica universitaria ottocentesca è stata sinora singolarmente trascurata dagli studiosi. Solo di recente si è manifestata un'inversione di tendenza di cui il volume costituisce uno dei frutti. Prendendo le mosse dalla legislazione piemontese, punto di riferimento ineliminabile per tutta l'opera di costruzione dello stato unitario, esso fornisce con ricchezza di documentazione quell'analisi, che ancora mancava, delle tappe principali della politica universitaria della destra storica: una fase cruciale in cui si compie la rifondazione dell'università italiana e nel contempo emergono alcuni temi che a lungo caratterizzeranno il dibattito in materia, quali l'autonomia universitaria, il ruolo delle università maggiori e delle minori, l'opzione tra scientificità e professionalità, risolta a favore della prima, in nome dell'ideale humboldtiano che la stessa Germania era in procinto di abbandonare. Attraverso le decisioni, anche difficili, cui il governo è costretto, venendo meno ad alcuni obiettivi di razionalizzazione sono la spinta di pressioni locali e corporative, la politica universitaria si riannoda ad alcuni grandi problemi del paese: l'accantonamento e la costruzione dell'ordinamento amministrativo, i rapporti tra stato e chiesa, il nesso tra scienza e politica. Quest'ultimo è particolarmente stretto in una fase in cui il sistema universitario viene concepito come uno strumento fondamentale per modernizzare la nazione e renderla culturalmente omogenea, oltre che per collocarla scientificamente al livello delle altre nazioni europee. A questo fine non si esita a operare con spregiudicatezza, attraverso l'attribuzione di cattedre per meriti politici, secondo una strategia già posta in ano nel Piemonte cavouriano per svecchiare il mondo accademico e combatterne i municipalismi.
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