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scheda di Aureli, R., L'Indice 1994, n. 2
La firma dei trattati di Roma nel marzo 1957 concluse positivamente la difficile azione di reinserimento del nostro paese nel sistema delle relazioni internazionali. L'artefice principale di questo indubbio successo fu soprattutto Alcide De Gasperi, il quale fin dal secondo semestre del 1945, quando fu confermato alla guida del ministero degli esteri nel governo Parri, aveva cercato di sfruttare non solo la cobelligeranza dell'ultima fase della guerra e la non compromissione della nuova classe dirigente con il fascismo, ma anche la posizione strategica nel Mediterraneo e i riflessi interni del riconoscimento di un adeguato "status" internazionale, che avrebbe dovuto favorire l'affermazione di un regime democratico e allontanare lo spettro di una possibile vittoria del comunismo. L'obiettivo che si proponeva lo statista trentino incontrava l'ostilità e le rivendicazioni di molti paesi; solo gli Stati Uniti - sottolinea Varsori nell'introduzione - sembravano in quel momento non mostrare alcun interesse a imporre al governo di Roma una pace punitiva. Al termine di un acceso scontro parlamentare, De Gasperi, diventato presidente del Consiglio, riuscì nel luglio 1947 a far accettare le durissime clausole imposte a Parigi dai Quattro Grandi. Egli era consapevole che la ratifica del trattato di pace era il prezzo che l'Italia doveva pagare se voleva riconquistare qualche margine d'azione in politica estera. E i risultati non mancarono: l'adesione al piano Marshall e al patto atlantico, l'ingresso prima al Consiglio d'Europa e quindi all'Onu e infine la partecipazione al processo di integrazione europea furono le tappe attraverso le quali il nostro paese torn• a dialogare, sia pure in una posizione di secondo piano e nei limiti imposti dalla "guerra fredda", con i vincitori della guerra e a uscire dall'isolamento nel quale la sconfitta rischiava di relegarlo. Non mancarono, certo, le "ombre", a cominciare dalla sostanziale subalternità nei confronti degli Stati Uniti, come emerse in modo evidente con l'estromissione di socialisti e comunisti dal terzo governo De Gasperi e con le interferenze esercitate nel corso delle elezioni generali del 1948, alle quali è dedicato il bel saggio dello studioso americano James E. Miller. Il libro, che merita di essere segnalato anche per l'ampia appendice bibliografica, costituisce un'accurata ricostruzione del contesto internazionale di quegli anni e del ruolo che all'Italia fu assegnato. E davvero felice si è rivelata la scelta di autori e saggi, da quelli di Di Nolfo, dello stesso Varsori, di Morozzo della Rocca, a quelli di apprezzati storici stranieri, come il francese Pierre Guillem, per i rapporti tra Italia e Francia, e il già citato James Miller.
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