un punto di riferimento col quale chiunque si occuperà di Catullo per molti anni a venire non potrà non confrontarsi
Dopo avere approntato un'apprezzatissima versione dell'Eneide nel 2012, Alessandro Fo si è dedicato alla traduzione e alla cura dei carmi di Catullo. La caratteristica di Fo è quella di saper restituire forza poetica alla traduzione dei versi latini anche attraverso una metrica «barbara» che evochi per analogia l'andamento ritmico col quale siamo abituati a leggere l'originale. Se con gli esametri virgiliani la soluzione era stata molto ben pensata, ma era una sola, con Catullo, poeta polimetrico per eccellenza, Fo deve fare gli straordinari e reinventarsi un metro, almeno per la prima parte del liber, quasi poesia per poesia. Ma Catullo, soprattutto nella sezione dei carmina docta, è poeta difficile, dai riferimenti ambigui ed eruditi. Ecco perché sono indispensabili i saggi coi quali Fo introduce il volume e ogni singolo carme, dedicando poi specificamente agli studiosi l'imponente apparato di note che completa l'edizione e che ne fa un punto di riferimento col quale chiunque si occuperà di Catullo per molti anni a venire non potrà non confrontarsi.
Catullo è divenuto per la tradizione occidentale il fondatore di una gran parte del linguaggio della poesia d'amore. Aggiungerei che, in parallelo, la sua acutezza di valutazioni e la sua spinta poetica a condividerle in versi con la cerchia (e con noi) ha finito per fondare anche l'analisi poetico-psicologica dei rapporti d'amore, con le varie traversie e le piú sottili singolarità che costellano un'esperienza cosí centrale nella vita di tutti: circostanza che fa di lui un inossidabile «contemporaneo». Ma di questa contemporaneità c'è anche un versante formale, che ulteriormente ce lo rende vicino sulla linea dell'idea che, tendenzialmente, i lettori occidentali di oggi hanno della «poesia». Lo ha messo in luce Quinn, che indica addirittura in Catullo «gli inizi della poesia moderna». Muovendo da un saggio in cui Thomas Stearns Eliot delinea il profilo di una poesia, né epica né drammatica, per la quale tuttavia l'etichetta di «lirica» appare inadeguata, Quinn ne mutua la designazione di «meditativa». È esattamente il tipo di poesia che vediamo emergere da antiche tradizioni – rivoluzionandole – in due capolavori di Catullo come l'«a se stesso» del carme 8 e la sconsolata supplica agli dèi del carme 76. Lontana da noi piú di duemila anni, la poesia di Catullo, con la sua introspezione che conquista comprensione dei fatti e loro icastica, perfetta configurazione espressiva nell'atto stesso in cui si dispone a meditarli con stilo e tavolette cerate, «funziona» già come ci aspettiamo che funzioni una «meditative lyric» di oggi. – Dall'introduzione di Alessandro Fo
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