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Poesia come romanzo di formazione
Le poesie e i poemetti di questo libro sono stati scelti dalla produzione poetica dell’inizio e della prima attività di Paolo Volponi lungo l’arco degli anni tra il 1946 e il 1966. Una parte, raccolta sotto il titolo «Le Porte dell’Appennino» , fu pubblicata da Feltrinelli nel 1960 e vinse il Premio, Viareggio di quell’anno. Da allora Volponi non ha più pubblicato poesie se non in rivista o in edizioni cosiddette d’arte, a tiratura limitata. Questo libro ha quindi del tutto integro il pregio della novità, anche perché le diverse antologie di poesia pubblicate nel corso degli ultimi anni e tutti i nuovi larghi dibattiti e letture che di recente si sono tenuti nelle sedi piú svariate non hanno prestato attenzione all’opera in versi di Volponi. Invece leggendo questa raccolta si penetra un nucleo poetico originale e vivo, che malgrado la lontananza non è fievole né restituito. La sua lingua, per le durezze paratattiche, per gli accumuli semantici come per le sottrazioni ansiose e per le vibrazioni delle immagini, riesce a sostenersi sopra le pozze del sentimento e delle indulgenze regressive e anche sopra le vedute e i confini del paesaggio di genere. La lingua avanza dentro uno schema metrico diretto, cantato, adattabile alle aperture dei verbi all’infinito e alle cadenze di quelli indicativi o imperativi, fino a consolidarsi come una vera e propria corrente morale. Tanto che da quella lontananza la poesia si distacca, bruciandone il simulacro biografico e regionale, e riattivandone un tempo ordinato, le fasi di una crisi individuale e sociale in dibattito con la storia.
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