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Attraverso una immaginaria corrispondenza Susanna Tamaro ci regala un ampio numero di consigli su come affrontare il " deserto " della vita. La sua chiara e semplice scrittura non solo appassiona il lettore, ma anche lo spinge ad ampie riflessioni. Amore cosmico, nobiltà d'animo, teologia, mistero della vita, antropologia, timore di Dio, filosofia si alternano in una opera che va gustata lentamente. Ottima per momenti meditativi ed ampi dibattiti su quelle problematiche che da sempre affascinano l'uomo nella sua incessante ricerca di " verità ".
Attraverso una immaginaria corrispondenza Susanna Tamaro ci regala un ampio numero di consigli su come affrontare il " deserto " della vita. La sua chiara e semplice scrittura non solo appassiona il lettore, ma anche lo spinge ad ampie riflessioni. Amore cosmico, nobiltà d'animo, teologia, mistero della vita, antropologia, timore di Dio, filosofia si alternano in una opera che va gustata lentamente. Ottima per momenti meditativi ed ampi dibattiti su quelle problematiche che da sempre affascinano l'uomo nella sua incessante ricerca di " verità ".
Capita a tutti di sentirsi "fuori dal mondo", inadatti ad una vita tanto ricca di emozioni e di eventi, che possono sconvolgere il tuo animo solitario.. Con "Più fuoco, più vento" Susanna Tamaro vuole aprirci gli occhi su quanto sia veramente importante essere attivi e VIVI in questa giostra di sentimenti, perchè solo così si possono affrontare le insidie della vita.. Un libro unico e ricco di riflessioni che AIUTANO A CAPIRE...
Recensioni
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Invarianza vs variazione. Un testo letterario non sfugge mai al senso di questa implacabile opposizione. Nel caso di Susanna Tamaro abbiamo la sensazione che l'invarianza si imponga da sempre sulla variazione, che sia anzi una costante della scrittrice triestina quella del ripetere sostanzialmente se stessa, prova dopo prova.
Del ripetere, innanzitutto, le tipologie narrative. Il racconto Sotto la neve si presentava come una lunga lettera, Va' dove ti porta il cuore tentava la serie di lettere, Più fuoco più vento, sposa di nuovo, pervicacemente, la serie di lettere (immaginate come inviate dall'autrice a una giovane amica che corrisponde con lei); e potremmo facilmente continuare.
Del ripetere parole o espressioni, talora trite o comuni o semplicemente elementari.
Del ripetere campi semantici strutturati in apposite nomenclature tecnico-scientifiche o nelle alleggerite serie nominative parallele ispirate dai modi di una lingua intonata al registro familiare; le une e le altre sintomatiche, in apparenza, di un accenno di fuga espressivista dal minimalismo verbale ma in realtà neutralizzate, nella loro carica potenzialmente eversiva, proprio dalla logica perversa del continuo ritorno. Erano, soprattutto, nomi di fiori e di piante nella Testa fra le nuvole, di minerali e di uccelli nel racconto Un'infanzia; sono ancora nomi di uccelli, di fiori, di piante in Più fuoco più vento.
Del ripetere idee o contenuti, talora nuovamente, testardamente elementari, che in qualche caso finiscono per essere veicolati dalle parole e dalle espressioni, qua e là quasi in forma di adagi, che possono rivendicare una più che decennale fedeltà: "L'amore richiede forza", per esempio, parte da Per una voce sola, passa per Va' dove ti porta il cuore e, finalmente, giunge a Più fuoco più vento. Ed è l'autrice stessa, nella circostanza, a svelare al lettore, tenuto per mano come fosse un bambino, le regole di questo gioco, è proprio il caso di dirlo, al ripasso di sé ("Nella prima lettera che mi hai scritto, quando ancora non ti conoscevo personalmente, citavi questa frase di Va' dove ti porta il cuore come una di quelle che maggiormente ti avevano fatto riflettere"). Come corre d'obbligo per tutti i giochi, d'altronde: che sono giocabili a patto che qualcuno, prima, ci abbia per l'appunto insegnato in che modo si giocano.
Ma se di letteratura, in questo senso, si gioca, del mondo che essa riflette, all'opposto, si muore; oppure, nella migliore della ipotesi, si soffre e, per reagire al disagio, si cerca, sia pure faticosamente, una via di uscita. Bisogna dargliene atto, a Susanna Tamaro: in anni in cui le soluzioni invocate alla crisi religiosa e di valori dell'uomo e della civiltà occidentale sono troppo spesso reperite altrove, nei viaggi alla scoperta dell'altro lontanissimo da sé o delle vite vissute in precedenza, nei feticci di certo sciamanesimo o di un riesumato animismo, nei terzi occhi o nei settimi sensi delle "regressioni energetiche" e quant'altro, Tamaro tenta di convincerci che la soluzione alla nostra sofferenza è, ora più che mai, a portata di mano. Un tempo era la giovanile, incosciente e un po' sbruffona fantasia. Successivamente è stato il cuore, di volta in volta incrinato, spezzato, infranto dalle risposte del mondo o indurito, impietrito, indiamantato dal male, sfacciatamente blandito o reinterrogato con una rinnovata coscienza, riacceso dal sacro fuoco della fede ma qua e là confortato dal respiro, dall'alito, dal vento leggero di quel tanto di libertà sopravvissuta alle regole della rigida osservanza cattolica. Ora sono la fantasia e il cuore alimentati dalla forza di una fede che, pur concedendo ancora qualcosa alle ragioni del sincretismo, soffia ormai come un vorticoso vento, brucia ormai come un arroventato fuoco. Niente più di tutto questo sembrerebbe, apparentemente, Più fuoco più vento. Nemmeno un romanzo, peraltro, ma un saggio mascherato da romanzo.
Il fuoco e l'aria, per i primi filosofi greci, erano tra i principi elementari posti alla base della nascita del mondo. Il fuoco e il vento, per Tamaro, sono tra i principi elementari posti alla base della rinascita del mondo. Un mondo di pulsioni basiche, inguaribilmente infantile, evocato a chiare lettere già in Anima mundi (dove erano la terra, e ancora il fuoco e il vento, a giustificarlo) e di cui rimangono impresse nella memoria del lettore non molto più di coppie minime di azioni e reazioni. Le azioni che recano disagio, le reazioni che al disagio tentano di fornire una riposta. Azione: l'immobilità cui costringe la noia. Reazione: il moto conoscitivo indotto dalla curiosità. Azione: il materialismo dell'avere, che ha trasformato la felicità in un "attributo del possesso". Reazione: la nobiltà dell'essere, il paradiso interiore di chi ha smesso di piacersi e di desiderare, di chi "non arraffa ma cede". Azione: il grigiore della mediocrità posta come condizione per la maturazione individuale. Reazione: lo splendore del cielo infinito che apre al regno del mistero, che mette alla prova la "paura di crescere", "di aprirsi alle emozioni". E così, di azione in reazione, fino alla fine. Azioni e reazioni fatte di parole che l'autrice, negli anni, ha tentato di scolpire, in parte riuscendoci, nella mente dei suoi più fedeli lettori.
Parole che sembrerebbero quindi sostanzialmente inequivoche: leggere come l'aria o, al contrario, pesanti come pietre, in grado di sollevare verso la luce del cielo o di inabissare verso il buio del baratro. Parole che invece, anche nella loro apparentemente più disarmata elementarità, si scoprono talora alimentate dalla linfa di significazioni o di simbolizzazioni altre (o semplicemente diverse). O palesemente ambigue. O dalla doppia faccia: come l'inquietudine, per un verso "segno di salute", per un altro verso prodotto della noia. Non crediamo si possa allora cadere in errore se si ravvisa la chiave di volta della cifra di Susanna Tamaro proprio nell'inquietudine, personale e, per quanto si è appena detto, in parte anche espressiva. Saranno allora pure il fuoco e il vento a dare un senso all'esistenza umana. Se l'uomo non fosse però fondamentalmente inquieto, se non si smarrisse continuamente, il fuoco (foss'anche dell'Amore) non avrebbe di che bruciare, il vento (foss'anche dello Spirito) non avrebbe di che soffiare.
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