Pinocchio 33
di Arthur B. Hound
Con coraggio, Arthur B. Hound denuncia a se stesso e agli altri il proprio crudo percorso di vita, in cui fanno da padroni perdizione e senso di colpa, bene e male, menzogna e verità. A 33 anni, in circostanze estreme che lo costringono a stare chiuso in una stanza della propria casa e a lottare contro impulsi suicidi, Arthur elabora con la scrittura le proprie drammatiche esperienze di vita in un modo originale e dal risultato inatteso. Si proietta in un futuro che suppone felice, da quella posizione aggredisce le emozioni profonde che lo intrappolano nel dolore di cui vuole liberarsi e alla fine, trovandosi nudo di fronte a se stesso, si apre al presente della propria rinascita. Con ironia e sarcasmo, Arthur lacera le proprie maschere e inchioda sulla carta le parole che gli escono di getto. Senza intenzione di ricalcare la celebre fiaba di Collodi è spietato nel parlare di sé come "burattino" ed è il primo a stupirsi quando, alla fine del viaggio narrativo, si accorge che la propria realtà e quella celeberrima creazione artistica sono quasi l'una il riflesso dell'altra, in un gioco di specchi drammaticamente reale.)
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