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Ci sono due o tre cose da precisare per chi dovesse apprestarsi a leggere questo libro. La prima è che la Cederna non era comunista né di estrema sinistra: per chi votasse sono fatti suoi, ma la sua estrazione era di liberale di sinistra di famiglia borghese; e da questa estrazione non si distaccò mai; collaborava all'Espresso, si recò sul posto del fattaccio insieme a Giampaolo Pansa e Corrado Stajano (certo non due bolscevichi) e, benché non li dimostrasse, nel 1969 aveva già 58 anni, ed era quindi arrivata in ritardo sulla generazione del '68. Seconda cosa, è ormai chiaro che le cose non andarono come la raccontarono i funzionari della questura e cioè Pinelli non si buttò, troppe le contraddizioni dei testimoni e troppo strane le circostanze del "volo" (l'ambulanza chiamata alcuni minuti prima della presunta caduta). Terzo, le pur evidenti responsabilità - in fondo Pinelli era affidato alla sua "custodia" seppure illegittima - del commissario Calabresi non giustificano affatto chi, a distanza di quasi quattro anni dai fatti, lo uccise barbaramente. In conclusione va detto che questo della Cederna è un libro interessantissimo e sofferto, assolutamente da leggere. Come dice la Cederna concludendo il libro «Pinelli è infine un simbolo che va al di là del suo tremendo destino. È la prova che la giustizia non è uguale per tutti: da una parte lo stato coi suoi baluardi da difendere, dall'altra il cittadino senza diritti, ed è proprio per questo che, per la prima volta nel dopoguerra, il suo caso ha mosso in modo così massiccio una così larga schiera di opinione pubblica democratica».
ottimo esempio di giornalismo investigativo, attenzione ai fatti, stile originale. un'inchiesta meticolosa, precisa e credibile.
Grandissima Camilla, un'inchiesta come non se ne fanno quasi più. Fu attaccata e processata per questo libro. Un libro da non perdere.
Recensioni
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