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FANTASTICA graphic novel, dove disegni meravigliosi si sposano ad una sceneggiatura essenziale, per raccontarci la progressiva maturazione di un bambino "speciale" (è il figlio dello psicopompo dell'oltretomba, Sua Eccellenza Caronte!) che, dal mattino alla sera, è chiamato ad assumere il ruolo (non il lavoro, si badi bene alla differenza sostanziale, magistralmente spiegata ad inizio della storia) di traghettatore delle anime dei defunti, fino a raggiungere la piena consapevolezza che tutti noi, anche quando cessiamo la nostra vita terrena, in realtà, continuiamo a.......vivere, in altro modo, in altra forma, in altro luogo, nella continuità della vita oltre la vita. Semplicemente Fantastico!
Da tutti i punti di vista, tecnico estetico e dalla trama questo fumetto è ben realizzato. Ottimo lavoro i disegni meravigliosi si sposano perfettamente con la storia. Non si può non adorare il piccolo mono che è solo un bambino ma si vede costretto ad assumere il ruolo del padre Caronte, il traghettatore di anime, che scompare improvvisamente. Un viaggio alla cui base c è la responsabilità e la crescita e la conoscenza della vita e della morte. Mi è piaciuto molto il finale emozionante. Lettura consigliata!
Una bellissima Graphic-novel! Luce ed ombre ben calibrate, ottimo stile, molto buona anche la caratterizzazione e la resa dei personaggi. Sceneggiatura avvicente. Stile gotico, fresco ed elegante! Adulto a grandi e piccini! La casa editrice Tunuè non delude mai!
Recensioni
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Il Piccolo Caronte è una storia dolce capace di parlare al cuore di tutti, Tunué deve essere più che fiera di questa piccola perla del fumetto che vanta una nascita tutta italiana. È impossibile non innamorarsi già dalla copertina di questo volume, il piccolo Caronte dall’alto della sua barca che ci guarda come se fossimo anche noi delle anime da salvare è quasi ipnotico, la narrazione è una piacevole scoperta, mai banale che nasconde una piccola meraviglia in ogni pagina. La storia è quella del piccolo Mono, un bambino che vive nell’Oltretomba che un giorno come un altro si trova costretto a rimpiazzare il padre misteriosamente scomparso. Il papà di Mono però non svolge un compito qualsiasi; il piccolo Mono è il figlio di Caronte, colui che secondo la mitologia classica traghetta le anime dei defunti nell’Oltretomba. L’Oltretomba che ci viene raccontata non è però il luogo che tutti noi ci siamo immaginati, è un mondo come un altro dove la vita dei suoi abitanti scorre inesorabile come la nostra, qui non ci sono lavori, ma ruoli da svolgere, per citare Caronte il lavoro ti obbliga a fare qualcosa il ruolo invece è quello che sei, ed essere il traghettatore delle anime era diventato un peso troppo grande per lui, essere se stesso pesava troppo. Così decide semplicemente di sparire lasciando letteralmente suo figlio al timone della sua barca, ma Mono è poco più che un bambino per questo dovrà intraprendere un viaggio in compagnia di Cerbero, il suo cane a tre teste, non solo alla scoperta della morte ma anche della vita.
Ritorno in grande stile per Sergio Algozzino che già ci aveva conquistato, sempre per Tenué, con Storie di Un’Attesa, questa però non è una sua opera unica. Sergio è infatti solo autore della sceneggiatura de Il Piccolo Caronte, le illustrazioni sono lasciate nelle abilissime mani di Deborah Allo. Il viaggio del piccolo Mono è scandito in tre parti, caratterizzate tra tre diversi personaggi che lo aiuteranno a scoprire un nuovo lato di sé che lo porteranno completamente cambiato nel quarto capitolo, intitolato proprio Caronte, un viaggio di formazione sia per il futuro traghettatore che per il lettore. I primi tre capitoli, che scandiscono le tre fasi del viaggio, sono immediatamente riconoscibili grazie al ruolo chiave delle illustrazioni di Deborah che si plasmano a seconda del mondo in cui Mono ci trasporta. L’Oltretomba ha un’ambientazione molto dark con un leggero sapore burtoniano, i colori sono per lo più freddi salvo rare eccezioni, da qui conosciamo il luogo dove risiedono le tre Morie: Colto, Lachesi e Atropo, nelle quali mani passa semplicemente il destino dell’uomo. Qui Mono incontra la speranza di una vita nuova, di una rinascita dopo la morte, ma anche la possibilità di non incontrarla mai, le illustrazioni acquistano colori più dolci, quasi fatati, Deborah si libera dalle classiche vignette e lavora in assoluta libertà in tutto lo spazio a disposizione, una vera gioia per gli occhi. Mono conoscerà poi Momo, una divinità esiliata nel mondo degli uomini, il piccolo Caronte conoscerà la vita, la sua bellezza ma anche le tante ingiustizie che gli uomini sono costretti a sopportare perché incapaci di aprire veramente gli occhi. Qui l’ambientazione è molto più colorata e solare, proprio come la vita. E infine, la morte, al cospetto di Hypnos, ovvero il tempo, fratello della morte, Mono si troverà davanti al dolore e alla necessità della morte stessa, non ci sono separazioni giuste o sbagliate, tutto è necessario a uno schema più grande di loro, uno schema dove Mono ha un ruolo fondamentale. Qui i colori si perdono, il tratto graffiante e nervoso di Deborah diventa assoluto protagonista, come a ricordarci che davanti allo scorrere del tempo non c’è vitalità che tenga. L’ultimo capitolo si apre con un QR che vi porterà a una canzone che vi consiglio di ascoltare mentre leggete le ultime pagine, tutto diventa tangibile ogni pezzo del complicato puzzle trova il suo giusto posto e noi, insieme a Mono, ci ritroviamo cambiati, come se finalmente avessimo aperto gli occhi.
Una storia da pelle d’oca che vi coinvolgerà completamente soprattutto nelle ultime pagine dove la musica vi travolgerà e vi porterà non poche lacrime, garantito. Un connubio di sceneggiatura e illustrazione ineccepibile capace di creare un’opera unica che invita il lettore alla riflessione, le bellezza della vita che noi diamo per scontato, la brutalità della morte che nella sua ingiustizia non può risparmiare nessuno. Ho trovato bellissimo il corredo dei personaggi a fianco di Mono e di Caronte, veramente ben costruiti e caratterizzati, nonostante i temi tratti siano molto seri non mancano battute legate alla nostra quotidianità che ancora di più allontanano le ambientazioni “divine” che abbiamo sempre immaginario comune. Mi ha colpito molto la presenza dello scheletro di Dio, mostrato forse per ricordarci che anche chi ha inventato la vita è dovuto soccombere alla morte, il tempo trascorre inesorabile per tutti, ma la speranza dell’inizio di un nuovo filo della vita non muore mai. Dopo la morte Il Piccolo Caronte ha il compito di traghettare la nostra anima nell’Oltretomba per ricordarci che non bisogna disperate, nulla soccombe alla morte bensì si trasforma per diventare parte di qualcos’altro. Non posso che consigliarvi di imbarcarvi con Mono in questo viaggio alla scoperta di sé, ne uscirete cambiati e con l’anima al sicuro.
Recensione di Francesca Magni
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